Elementi di Economia: un’impostazione più vicina

alla scienza fisica secondo le idee di Von Neumann,

Sraffa e Notarrigo

Angelo Pagano

 

 

 

 

Abstract

Basic economic processes are examined in the context of Sraffa, Von Neumann and Notarrigo economic ideal models. It is shown that these models allow a reasonable description of the dynamical evolution of any realistic economic processes. Also, some conneetions between economic processes and Entropy are diseussed.

 

 

 

Introduzione

Già Marx denunciava la difficoltà della libera ricerca scientifica in campo economico1. Ed è probabile che anche ai nostri giorni il pensiero economico corrente sia negativamente influenzato dai forti interessi eco­nomici di privati o di nazioni che hanno oramai raggiunto volumi di affari colossali.

Un modo efficace per combattere queste influenze è quello di svi­luppare modelli di economia integrata con le altre scienze con l’obbietti­vo dichiarato di trovare una via percorribile per uno sviluppo economico compatibile con l’ecosistema terrestre. Alcuni economisti hanno già co­minciato a sviluppare dei modelli economici integrati2.

Il problema più impellente da risolvere è parso quello di dare una valutazione quantitativa di quel danno ambientale che deriva dal consu­mo delle merci. Ed è sembrato possibile risolvere il problema del danno ambientale valutando un costo aggiuntivo delle merci prodotte (in dana­ro) e poi riversare il ricavato denaro in opere di risanamento dell’ambien­te (fiumi, laghi, ecc....). In buona sostanza, si è reso il danno ambientale proporzionale al consumo energetico.

Nel momento in cui i consumi (e dunque gli inevitabili rifiuti) hanno raggiunto quantità colossali e tali da danneggiare i ritmi naturali che con­sentono la rigenerazione degli elementi fondamentali della vita sul piane­ta (terra fertile, foreste, mari, atmosfera, ecc....), è emersa l’insufficienza di un tale criterio.

Infatti, la quantità fisicamente rilevante per il calcolo del danno am­bientale è il bilancio (leggi differenza) tra il flusso di negaentropia (leg­gi: informazione), che nasce dagli scambi energetici tra biomassa e ra­diazione solare e flusso di entropia (leggi: confusione), che nasce dal processo di produzione e consumo delle merci. Pertanto, un calcolo del danno basato sull’assunzione di modelli che solo in una prima approssi­mazione hanno a che fare con l’essenza del fenomeno che indichiamo con il termine generico di inquinamento è risultato illusorio. In breve, ci si è accorti che l’espansione produttiva ha un limite imposto dalle leggi fisi­che e dalla piccolezza degli ecosistemi coinvolti.

Si noti che su questo preciso punto l’analisi marxiana del sistema capitalistico è dirompente3, e ci pare corretto, richiamando il detto che dice di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, considerare Marx il primo ecologista della storia più recente4.

Il  problema che consiste nel trovare un prezzo da far pagare agli inquinatori se affrontato entro gli schemi teorici attuali, che si occupano esclusivamente delle relazioni economiche che avvengono sul mercato, non è più scientificamente proponibile. Infatti, a lungo andare, risulta che quel prezzo o come si suole dire quella monetizzazione del danno, diventa così grande da risultare incompatibile con lo stesso sviluppo economico quantitativo che si vuole a tutti i costi salvaguardare. Le interminabili polemiche sulla riduzione dei gas inquinanti immessi in atmosfera costi­tuiscono un esempio eloquente di tale insufficiente modo di affrontare il problema. A mio parere, prima di esaminare l’interazione tra economia e ambiente, è necessario esaminare più a fondo le inevitabili connessioni tra Economia e Fisica.

Il noto economista Georgescu Roegen ha proposto di integrare la teoria economica con il concetto di entropia5 . Questo importante concet­to che in fisica ha avuto una storia molto tormentata ( e che a mio avviso non è affatto terminata) ha bisogno però di una necessaria riformulazione in modo che ne risulti possibile l’applicazione in campo economico. In questo lavoro non spingerò l’analisi dei modelli fino a questo punto. Mi limiterò ad introdurre gli elementi di una teoria fisico — economica sulla base delle idee esposte dal Von Neumann, Sraffa e Notarrigo che permet­tono di considerare facilmente il significato dell’entropia in campo eco­nomico.

I cosiddetti economisti classici (tra cui Smith e Ricardo ) pensava­no che la scienza economica dovesse rifarsi ai metodi della fisica. Ma, a parte la parentesi rappresentata da Marx, la loro opera di rinnovamento è rimasta sostanzialmente incompiuta.

Di fatto, alle analisi dei classici non é seguita una vera rivoluzione del pensiero economico e si sono affermate le teorie marginali le quali pur assumendo alcuni principi fondamentali degli economisti classici, come la libertà di mercato e il libero scambio, modificano profondamente il concetto di valore della merce e lo sostituiscono con il concetto di utilità marginale, che sarebbe l’incremento della soddisfazione che un soggetto ricava dal consumo di una data quantità di un bene. Non ho mai capito, sulla base della teoria delle grandezze fisiche, come si possa misurare questa soddisfazione.

Una teoria economica formulata con metodi più vicini a quelli della fisica, si deve al fisico matematico, J. Von Neumann6 il quale considera un modello in cui esistono diverse industrie che producono varie merci. Egli dimostra (sotto opportune condizioni generalmente valide nella real­tà economica concreta) che necessariamente si deve raggiungere una si­tuazione di equilibrio generale per il mercato che stabilisce in modo uni­voco il valore di scambio per ogni singola merce7. La teoria del Von Neumann permette inoltre di estendere in campo economico i concetti dei potenziali termodinamici e dunque di entropia8.

Un modello più semplice dovuto all’economista Piero Sraffa9 si presta più facilmente ad uno sviluppo dinamico della teoria come ha mo­strato circa dieci anni addietro il fisico Salvatore Notarrigo10.

In seguito saranno illustrate queste teorie economiche che si avvici­nano al modo di trattare i problemi nella scienza fisica e che pertanto, a mio avviso, consentono di gettare luce su una possibile scienza economi­ca integrata.

 

1. Presupposti fisici: Il modello di Sraffa

 

Piero Sraffa dimostra che l’idea degli economisti classici di identi­ficare il valore delle merci con il lavoro è giustificata da un modello rea­listico.

Egli assume l’ipotesi che sul mercato in cui avviene lo scambio del le merci vi sia equilibrio generale (nel senso sopra indicato). Naturalmen­te, i rapporti di scambio tra le varie merci potrebbero mutare con il tempo, nel senso che una modificazione nelle tecniche produttive potrebbe intro­durre delle modificazioni nei valori di scambio11 , ma presto o tardi, come del resto mostrato dal Von Ncumann, ed assunto dal Marx su basi intuitive ricorrendo alla nozione di legge coercitiva della concorrenza, si raggiun­ge una nuova situazione di equilibrio, con nuovi coefficienti tecnologici.

L’analisi di Sraffa parte da una società ideale con due sole industrie fondamentali. Vedremo, come a partire dal modello semplice di Sraffa, sarà possibile introdurre ulteriori elementi di concretezza fino ad arrivare ad una dinamica dei processi produttivi. Solo quando il modello sarà stato sufficientemente concretizzato, esso potrà essere utilmente utilizzato come base razionale per affrontare il problema dello sviluppo economico com­patibile con 1’ambiente.

Partendo da un punto di vista oramai consolidato e ampiamente spe­rimentato in fisica dobbiamo individuare gli elementi o atomi da cui par­tire. Per fare ciò dobbiamo astrarre, come si è fatto nelle scienze fisiche, quanto più possibile da valutazioni di carattere morale, ideologico, politi­co, religioso e quant’altro può condurre ad interminabili ed inutili diatribe che nulla hanno a che fare con il concetto che abbiamo di scienza. Nel far ciò non si vuole rifiutare la morale, la ideologia, la politica, la religione e quant’altro è frutto della più antica esperienza umana. Del resto, nessuno è in grado di astrarre dalle proprie ideologie, dai propri sentimenti, dai propri convincimcnti religiosi e politici.

Una parte dell’economia moderna assume l’idea, del resto abbastanza soggettiva, di bisogno umano che dovremmo poter soddisfare con la pro­duzione di certi beni. Ma, sulla nozione di bisogno ci scontreremmo subi­to, come del resto è ovvio e anche sperimentato da tutti, con le più dispa­rate opinioni che qui non vale la pena richiamare. Sraffa12, invece, parte dall’idea marxiana13 che gli elementi su cui si deve fondare una teoria economia sono le merci14. Introdotti gli elementi verranno di volta in volta ipotizzate le regole di composizione e verranno sviluppate le propo­sizioni che permettono di confrontare il dato sperimentale con il modello stesso.

 

2. Riproduzione semplice

 

Il modello di Sraffa parte dall’esame di una società idealizzata, in cui si producono solo due merci: grano e ferro. Una caratteristica impor­ tante è che entrambe le merci entrano nelle industrie del grano e del ferro. Ovvero, come si dice, sono input essenziali di entrambe le industrie. Il grano entra nell’industria del grano come semente e cibo e nell’industria del ferro come cibo. A sua volta il ferro entra sotto la forma di attrezzi sia nell’industria del grano che nell’industria del ferro entra come attrezzi da lavoro15. Questo modello contiene, nella sua essenza, il meccanismo di formazione dei valori di scambio. Il problema è quello di stabilire quali sono le quantità di grano e di ferro da produrre annualmente affinché il sistema produttivo non si inceppi. Vedremo che come queste quantità sono determinate esclusivamente dai coefficienti tecnologici dati, in una data epoca. Cosa é un coefficienti tecnologico? Esso coincide con la quantità, di ogni singola merce, che é necessario investire per produrre un’unità fisica di altra merce16. Sraffa considera, come esempio concreto, il ciclo produttivo determinato dalle relazioni econometriche17

 

280q (grano) + 12t (ferro) ® 400q (grano)

 

120q (grano) + 8t (ferro) ® 20t (ferro)

 

Nella nostra simbologia, q vale un quintale ed é riferito all’unità di misura della quantità di grano e t vale una tonnellata ed é riferito all’unità di misura della quantità di ferro. Si osservi che nel ciclo di trasformazione sopra introdotto, nulla viene prodotto in più di quanto la società possede­va prima del processo produttivo. Ovvero, con linguaggio più comune il PIL o Prodotto Interno Lordo non cambia di anno in anno. Complessiva­mente, vengono investiti 400q di grano per riottenerne la stessa quantità alla fine del ciclo. La stessa cosa succede per il ferro. Dividiamo la prima equazione econometrica per 400 e la seconda per 20, otteniamo le corri­spondenti equazioni econometriche ridotte:

 

0.7q (grano)  +  0.03t (ferro) ® 1q (grano)

 

6q (grano)  +  0.4t (ferro) ® 1 t (ferro)

 

Vediamo che per produrre un quintale di grano occorrano 0.7 quin­tali di grano e 0.03 tonnellate di ferro, e per produrre una tonnellata di ferro occorrano 6 quintali di grano e 0.4 tonnellate di ferro. Ad ogni indu­stria produttiva verranno ad essere associati due coefficienti tecnologici.

Convenendo, per comodità, di misurare le quantità di grano sempre in quintali q un quintale di grano e le quantità di ferro in tonnellate t = una tonnellata di ferro, rappresentiamo il sistema produttivo secondo la tabella:

 

 

Industrie

 

Inputs

 

 

grano

ferro

output

Grano

0.7 q/q

0.03 t/q

1 q

Ferro

6.00 q/t

0.4 t/t

1 t

 

Sulla riga corrispondente all’industria del grano leggiamo che per produrre una unità fisica di grano occorre investire 0.7 unità fisiche di grano e 0.03 unità fisiche di ferro lo stesso vale per la riga che corrisponde all’industria del grano. Fissiamo una volte per tutte l’ordine con cui riem­pire la tabella e le unità di misura delle varie merci (ad esempio i quintali per il grano e le tonnellate per il ferro) e rappresentiamo una matrice di produzione P con la tabella seguente:

 

                                                           

 

i numeri che vi compaiono rappresentano i coefficienti tecnologici. Essa ci dice tutto quello che si vuole sapere sull’andamento della produzione nella data società.

Più in astratto, indicando con l’indice i variabile da 1 a 2 il parame­tro d’ordine delle industrie e con l’indice j variabile da 1 a 2 il parametro d’ordine delle merci, il generico elemento pij della matrice di produzione si leggerà: occorre investire nell’industria i, pij unità della merce j per produrre una unità di merce i. La matrice di produzione si scriverà nella forma:

 

                                                           

 

Ritorniamo alla tabella input – output dell’esempio di Sraffa e sup­poniamo di voler produrre alla fine del processo produttivo q1 quintali di grano e q2 tonnellate di ferro. Basta moltiplicare (processo inverso del dividere che abbiamo eseguito per definire i coefficienti) i coefficienti tecnologici per tali quantità per sapere le quantità delle singole merci che bisogna investire per ottenere le quantità richieste18:

 

 

                     

Industrie

 

Input

 

 

grano

ferro

output

Grano

0.7 x q1

0.03 x q1

1 x q,

Ferro

6.00 x q2

0.4  x q2

1 x q.,

 

 

Un sistema che funzioni in modo che esso in ogni ciclo si riproduca sempre nelle stesse proporzioni nel vocabolario di Sraffa viene chiamato sistema economico a riproduzione semplice. Ovviamente bisogna che le quantità totali in input uguaglino le quantità totali in output, per cui deve aversi:

 

                         

 

Questo, come è noto, è un sistema lineare di due equazioni in due incognite. Per risolverlo riduciamolo in forma normale (ovvero si tra­sportino tutte le incognite al primo membro), otteniamo:

 

                                      

 

Vediamo che, moltiplicando ambo i membri della seconda equazio­ne per -10 si ottiene la prima equazione. Questo fatto matematico ci dice che le due equazioni esprimono la stessa condizione di vincolo sulle inco­gnite del problema. In altre parole, basta risolvere la prima equazione (o anche solo la seconda equazione) per ottenere la soluzione del nostro pro­blema. Così, la soluzione del sistema lineare comporta: q1 = 20q2 . Se, come richiesto dal nostro esempio, volessimo produrre 400 q di grano allora dovremmo necessariamente investire 20 t di ferro. Ogni altro rapporto di investimento rimane escluso dalla matematica del problema.

Vediamo che il modello nella sua semplicità impone una ferrea leg­ge di mercato e cioè che le quantità di grano e ferro da scambiare tra le due industrie sono rigidamente legate dalla relazione di quantità determi­nata dai coefficienti della matrice di produzione. Per cui con Sraffa19 pos­siamo affermare che « Esiste un’unica serie di valori di scambio, i qua­li, se adottati nel mercato, permettono di stabilire la distribuzione origi­naria dei prodotti, creando così le condizioni necessarie perché il proces­so possa rinnovarsi;  questi valori scaturiscono direttamente dai metodi di riproduzione. Nel particolare esempio che abbiamo dato, il valore di scambio che soddisfa a tale condizione è di 10 q di grano per  1 t  di fer­ro».

Infatti, secondo le equazioni econometriche, il produttore del grano mette sul mercato 120q di grano (ovvero l’eccedenza tra il suo prodotto lordo ed il suo bisogno netto 400q - 280q). Mentre, il produttore di ferro mette sul mercato 12t di ferro (ovvero l’eccedenza tra il suo prodotto lordo ed il suo bisogno netto 20t - 8t). Lo scambio avviene automatica­mente secondo il rapporto 10q per 1t. Si può anche dire, con ovvio signi­ficato delle parole, che 1 tonnellata di ferro vale 10 quintali di grano. Il valore di scambio é imposto dalle necessità del sistema produttivo. Non è possibile impiegare quantità superiori o inferiori a quelle che scaturisco­no dalla risoluzione del sistema lineare che lega le quantità di input-output. Se per qualche fluttuazione20 il sistema producesse più grano (o ferro) di quanto richiesto per la riproduzione semplice, questo dovrebbe essere consumato improduttivamente per mancanza di un’adeguata quan­tità di ferro (o di grano) necessario per la sua trasformazione. In questo caso il grano (o il ferro) apparirebbe nella forma di merce lusso o super­fluo. Se invece del grano (o ferro) venisse prodotto in meno, rispetto a quanto richiesto dal sistema, si assisterebbe ad un processo di regressione del sistema che, in casi molto gravi, può condurre alla distruzione del sistema stesso con l’estinzione della stessa società umana che da esso riceve il sostentamento. Una società che vivesse in regime di riproduzio­ne semplice sarebbe perennemente minacciata da sempre possibili avver­se condizioni climatiche. Nasce il bisogno di creare un sistema di scorte per sopperire alle necessità nei periodi di carestia21 . Ma, se si volesse passare alla produzione allargata, cioé una produzione con sovrappiù, allora bisognerebbe modificare le tecnologie esistenti (e quindi i coefficienti tecnologici) per ottenere una nuova produzione che consenta tale sovrappiù. Vedremo in seguito di affrontare in termini matematici il pro­blema. Conviene, per il momento riprendere il nostro semplice sistema matematico facendone vedere alcuni aspetti essenziali e forse anche di­vertenti. Riprendiamo dunque il sistema (2.1) che scriviamo in forma sim­bolica come segue:

                         

Dalla forma simbolica (2.3) si passa alla forma analitica (2.1) convenendo di combinare le quantità ordinate sulla riga a sinistra della matri­ce P con i coefficienti tecnologici della stessa matrice secondo un prodot­to righe per colonne e poi uguagliando il primo e secondo membro ele­mento per elemento. Si ottiene la seguente uguaglianza simbolica:

 

(0.7q1 + 6q2    ,    0.03q1 + 0.4q2) = (q1,q2)

 

Uguagliando entrambi i termini del primo e del secondo membro separati dalle virgole si ottiene il sistema (2.1). Conviene rendere ancora più con­cisa la rappresentazione simbolica introducendo22 il simbolo (che possia­mo chiamare vettore riga delle merci o vettore bra)    áq| = (q1 , q2 ) e dunque rappresentare il sistema economico semplicemente con la scrittura:

                                                  áq| P = áq|

Abbiamo visto che ad ogni rapporto di investimento tra le quantità fisiche (nel nostro esempio, q1 = 20q2 corrisponde un ben determinato rap­porto di valori di scambio (valore 1 tonnellata di ferro = valore 10 quin­tali di grano). Viceversa, noti il valore di scambio di tutte le merci, questo corrisponde ad un ben preciso insieme di rapporti di investimento. Allora, in luogo di risolvere il sistema delle quantità di investimento può convenire di risolvere un sistema di equazioni che ci dia i valori di scambio sul mercato. Avremo così il vantaggio che il valore di scambio rende omoge­nee le varie unità di misura delle singole merci riferendole ad una sola merce campione che potremo chiamare merce moneta. Per far questo

introduciarno il vettore dei valori colonna o vettore ket:          |xñ =            dove

il simbolo xi  per i che varia da uno a due (nel nostro esempio a due industrie e due merci) rappresenta il valore di scambio dell’unità di misu­ra della merce i . Diremo anche che il vettore colonna dei valori, è il vettore duale del vettore che rappresenta le quantità fisiche23. Scriviamo un’equazione in forma simbolica del tipo:    P|xñ = |xñ    dove il vettore colon­na dei valori è scritto ora a destra rispetto alla matrice di produzione. Eseguiamo il prodotta riga per colonna (partendo dalle righe della matri­ce di produzione) ed otteniamo il sistema di equazioni:

                                   

che conduce ai corretti rapporti di scambio, come precedentemente determinati,    che si legge, con ovvio significato delle parole, nel modo seguente:

Il valore di una tonnellata diferro (unità di misura della quantità di ferro) è uguale al valore di 10 quintali di grano (unità di misura della quantità del grano).

Il termine valore di una merce acquista un significato oggettivo che fa riferimento solo ai coefficienti di produzione come necessariamente determinati dalle condizioni di sviluppo del sistema produttivo. Possiamo assegnare ad arbitrio l’unità di misura del valore che possiamo chiamare, ad esempio lira, stabilendo l’equazione dimensionale per l’unità di misu­ra dei valori con una relazione del tipo (ovviamente non omogenea)

Una lira = valore di 10 grammi di grano

Per cui nel nostro esempio, possiamo affermare che:

Una t di ferro vale 10 q di grano, che vale 100.000 lire

 

Potremo creare tutti i multipli ed i sottomultipli di cui abbiamo biso­gno per le nostre esigenze pratiche24. Ovviamente, il prodotto tra le quan­tità di merce (espresse nelle unità sopra indicate) e i rispettivi valori per unità di prodotto:  q1 ´ x1 + q2  ´ x 2  esprime il valore totale prodotto dall’in­tero sistema economico in un ciclo produttivo, ovvero il PIL (Prodotto Interno Lordo), come lo chiamano gli economisti. Utilizzando il linguag­gio conciso dei vettori bra e dei vettori ket scriveremo:

Valore Totale PIL =  áq| |xñ    (2.6)

convenendo di operare con il prodotto riga (vettore delle quantità) per colonna (vettore dei valori). La relazione (2.6) consente dunque un calco­lo del PIL una volta noti le quantità prodotte nel ciclo produttivo e tutti i valori di scambio25.

 

3.  Riproduzionc semplice generalizzata

 

La generalizzare del modello a due merci e due industrie può essere estesa ad una situazione più generale in cui si hanno più industrie e più merci. Consideriamo il caso di una società ideale con n industrie che pro­ducano n merci.

Generalizzando quanto detto a proposito del modello a due merci e a due industrie, ordiniamo le industrie mediante l’indice i , per i che varia da 1 a n, e le merci secondo l’indice j che varia da 1 a n. Ne derivano n x n coefficienti tecnologici ( per esempio, nel caso n=3 si avranno 9 coefficienti) che saranno indicati, come già visto, con il simbolo pij, avendo indicato con j l’ordine dell’unità di misura della merce j, necessaria all’in­dustria i-esima per produrre l’unità di merce i-esima. Convenendo di adottare un sistema di misurazione coerente, possiamo dunque considera­re la matrice numerica P ad n righe ed n colonne. Le n merci prodotte in un ciclo produttivo le indicheremo con il solito vettore riga (bra)   |qñ   e gli n valori di scambio con il vettore colonna (ket)      áx| .

            I due sistemi di equazioni lineari ad n equazioni in n incognite saranno rappresentati dalle due equazioni simboliche duali:

                                                            áq| P = áq|

                                                                                    (3.1)

                                                            P |xñ = |xñ

 

La prima ci dà i rapporti di investimento e la seconda ci dà i rapporti di scambio (ovviamente basterà risolvere solamente una delle due). Pren­diamo in esame l’equazione dei valori di scambio. Introduciamo per con­venienza la matrice identità I ( matrice con tutti 1 nella diagonale princi­pale e 0 altrove).     E’  banale  verificare  (prodotto riga per colonna)   l’identi­tà I |xñ = |xñ  per cui potremo scrivere la (3.1) nella forma (P - I) |xñ = 0 che rappresenta un sistema lineare omogeneo la soluzione del quale determi­na gli n - 1 rapporti  avendo scelto la merce con indice 1 come riferi­mento o merce moneta.    Le condizioni da verificare per lo sviluppo della soluzione è che il determinante della matrice (P - I) sia uguale a zero e che un minore di ordine (n-1) ´ (n-1) di P sia diverso da zero. Osserviamo che i coefficienti tecnologici della matrice di produzione sono tutti positi­vi (per l’ovvio significato che essi assumono nel sistema produttivo) o al più essi sono nulli. Infatti, se una data merce non entra nella produzione di un’altra merce basterà porre il relativo coefficiente tecnologico uguale a zero. Il valore complessivo della società ci sarà dato sempre dal prodotto quantità- valori, come espresso dalla relazione simbolica

PIL = áq| |xñ  =  Si=1,n  qi xi  = q1x1 + q2x2, +... + qnxn

 

Riassumiamo il risultato fin qui ottenuto all’interno dello schema teorico proposto:

a)  i valori di scambio dipendono esclusivamente dai coefficienti tecno­logici e possono essere modificati solo cambiando le tecniche di pro­duzione;

b)  il PIL ci dà il valore complessivo prodotto in un ciclo espresso in forma relativa ad una merce campione.

La teoria elementare sin qui esposta ci permette di comprendere alcuni fatti fondamentali di qualunque sistema economico che si basasse su di una economia della sussistenza:

i)  La società può esistere solo se i coefficienti di produzione permettono la riproduzione del PIL;

ii) Una società a riproduzione semplice ha pochissimi margini di soprav­vivenza a causa delle inevitabili fluttuazioni del sistema naturale. In tal caso gli individui di quella società sono costretti a vivere da nomadi cer­cando di individuare di volta in volta ecosistemi non sfruttati o vergini;

iii) Per la stabilità del sistema economico sarà necessario produrre un sovrappiù di prodotto alla fine del ciclo produttivo che renda più sicure le condizioni per la sopravvivenza della specie.

 

 

4. La produzione con sovrappiù

 

In questo capitolo toccheremo un argomento di capitale importanza per la comprensione di qualunque sistema economico che sia capace di produrre non solo il necessario per la sussistenza, ma anche un di più di merci. Vedremo che anche in questo caso una ferrea legge di necessità determina i rapporti di scambio e fissa i rapporti di investimento.

Ribadiamo, anche a rischio di sembrare prolissi, che, in regime di produ­zione semplice non è possibile nessuna dinamica economica perché mai sarà possibile trovare alla fine del ciclo più valore di quanto sia stato immesso nel ciclo precedente. Una società di questo tipo è necessaria­mente statica e si perpetua immutata nel tempo, condizioni climatiche esterne permettendo. Molte delle società, dette primitive, presentano tale caratteristica ed in genere l’organizzazione sociale coincide con quella della tribù sempre pronta ad improvvisi spostamenti.

Ritorniamo pertanto sulle sicure orme di Piero Sraffa, continuando con il     suo esempio elementare di economia a due industrie e due merci26. Supponiamo che si riesca a produrre una maggiore quantità di gra­no, ad esempio pari a i 75q rispetto a quello che si era supposto in regime di riproduzione semplice, e si abbia:

280q (grano) + 12t (ferro) ® 575q (grano)

120q (grano) + 8t (ferro) ® 20t (ferro)

 

A scanso di equivoci, chiariamo che non si tratta qui di fluttuazione nella produzione del grano. Ci chiediamo, come è possibile che con le stesse quantità di grano e di ferro in input si riesce ora a produrre più grano? La risposta risiede nel concetto stesso di negaentropia intesa come quantità di informazione che permette di chiarire ancora di più il concetto di valorizzazione di un processo produttivo. Si immagini che un acuto agricoltore, dotato più degli altri di spirito critico scopra che la sequenza delle operazioni richieste per ottenere il grano dal terreno (semina, ecc...) possa influenzare positivamente o negativamente la produzione. L’acuto agricoltore propone agli anziani del villaggio di ordinare agli altri membri della comunità di disporre le sementi in un certo modo e usare il terreno con una certa logica. In una parola, del lavoro che prima veniva impiegato seguendo una certa sequenza di operazioni viene ora impiegato cambian­do tali sequenze con l’apporto di un maggiore contenuto di informazione. Si ottiene una vera e propria rivoluzione tecnologica ed il sistema esce dalla mera sussistenza. I coefficienti della matrice di produzione, definita al solito modo dividendo ambo i membri per le quantità prodotte ora di­ventano:

 

0.4869q (grano) + 0.0208 t (ferro) ® 1 q (grano)

        6q (grano) + 0.4 t (ferro)  ®   1 t (ferro)

 

E’ banale verificare che ora la matrice (P-I) non può più soddisfare le condizioni per la riproduzione semplice. Ovvero, moltiplicando al solito modo per q1 la prima equazione e per q2 la seconda non è più possibile risolvere un sistema lineare del tipo (2.1), per l’ovvio motivo che l’input di grano è più basso dell’output prodotto (sovrappiù). Nella nostra mate­matica elementare dobbiamo tenere in conto esplicitamente del sovrappiù prodotto.

Per scrivere le equazioni che sono sufficienti per descrivere un pro­cesso economico con sovrappiù supporremo che la matrice di produzione P sia tale da poter realizzare ad ogni ciclo produttivo, un sovrappiù di valore ρ áq| |xñ essendo ρ una quantità numerica (numero reale) moltiplicativa del PIL. Il sistema lineare da risolvere per le quantità nel caso generale si scrive:

                                            (1+ ρ) áq|  P =  áq|          (4.1)

 

mentre, il sistema duale per i valori diventa:

 

                                            (1+ ρ)  P  |xñ  =  |xñ        (4.2)

 

Il significato dei simboli é lo stesso di quello già discusso nel capito­lo dedicato alla riproduzione semplice; il valore numerico positivo ρ indica ora il saggio del sovrappiù. Dal punto di vista economico, le due equa­zioni simboliche esprimono la condizione che il vettore áq|  (equivalentemente il vettore duale |xñ) deve soddisfare, se si vuole che il sistema economico riproduca tutte le quantità di merci usate come inputs e, nello stesso tempo, produca un sovrappiù pari a una frazione determi­nata delle varie quantità impiegate e uguale per tutte le merci. Conviene indicare, per comodità, con  un parametro tale che il sistema (4.1) si possa scrivere più sem­plicemente nella forma:

 

                                              áq| P  =  z áq|              (4.3)

 

Scriviamo esplicitamente il sistema nel caso del modello a due indu­strie discusso dal Sraffa:

 

                                  

 

o      anche:

 

                                  

 

Vediamo che il parametro z (che determina il sovrappiù) deve esse­re determinato dalla soluzione del sistema matematico (4.5) nello stesso tempo in cui si deve determinare la soluzione  áq| . Pertanto, imponendo la condizione che il determinante del sistema deve essere nullo (e ciò per potersi avere soluzione diversa dalla banale) si ottiene per z il valore27 di 0.797811 a cui corrisponde un sovrappiù pari a ρ = 25%. Posto questo valore nel sistema (4.4) si ottiene la soluzione per i rapporti di produzione  e analogamente, si possono determinare direttamente i valori per lo scambio x1, x2 risolvendo il sistema duale (4.2). Vediamo dunque che an­che in situazione di riproduzione allargata i rapporti di scambio tra le merci sono determinati dalla matrice di produzione allo stesso modo (e allo stesso tempo) del parametro di incremento della produzione. Ogni settore produttivo vedrà aumentare il PIL da esso prodotto nella percen­tuale pari al sovrappiù moltiplicato per la quantità in input che compete al quel settore. Qualunque manovra speculativa é destinata a fallire per gli effetti deleteri che avrebbe sul sistema nel suo complesso. E’ chiaro che il sovrappiù prodotto può ora alimentare un sistema di scorte che permette­rà la sopravvivenza della popolazione in periodi di carestia o in presenza di catastrofi. Nell’esempio concreto di Sraffa i conti fatti ci dicono che: «Delle 20 t di ferro prodotte, 8 t vanno a reintegrare il ferro usato e 12 t vengono vendute al prezzo di 15 q di grano per tonnellata, ottenendo così 180 q di grano: di questi, 120 q vanno a reintegrare il grano usato, e 60 q costituiscono il profitto al saggio del 25% sui 240 q di grano che rappresentano il valore complessivo del grano e del ferro usati come mezzi di produzione o di sussistenza nell’industria del ferro»28 .

 

 

5. Riproduzione generale con sovrappiù

Dal punto di vista della matematica, le equazioni (4.1) e (4.2) sono due esempi dell’equazione lineare con autovalore . Il problema agli autovalori é molto frequente nella fisica. Esso é fondamentale nella teoria della stabilità e in meccanica quantistica. In generale, quando si pone un problema agli autovalori é necessario (come è oramai chiaro dagli esempi precedenti) riuscire a determinare gli autovalori z che rendono nullo il determinante della matrice (P-I), essendo I la solita matrice identità.

L’equazione Det(P-­I)= 0  (determinante della matrice (P-I) uguale a zero), ammette esattamente n soluzioni, alcune delle quali possono essere contate più volte. Ovviamente di queste soluzioni o radici solo quelle che conducono a sovrappiù positivo sono rilevanti. Questa è la condizione affinché il sistema economico possa sopravvivere. Infatti, se il sovrappiù risultasse negativo ad ogni ciclo si avrebbe una produzione inferiore a quella del ciclo precedente e il sistema economico nel lungo periodo crol­lerebbe. E’ giusto osservare che anche in presenza di autovalori z econo­micamente significativi (che conducono cioè a sovrappiù positivo), l’evo­luzione con il tempo (dinamica del processo produttivo) può risultare tale da costringere il sistema verso forme di recessioni più o meno gravi. In­fatti, come osservato dal Marx, sulla dinamica del processo economico ha enorme rilevanza sapere in che modo la sorgente fisica del sovrappiù (che Marx identifica nel lavoro umano) si pone nei confronti delle risorse na­turali. Quindi gli economisti hanno bisogno di preoccuparsi dell’inquina­mento ambientale, perché i beni, che loro chiamano liberi, vanno esau­rendosi per effetto stesso di quello che loro chiamano sviluppo economi­co. Notiamo, intanto che, all’interno delle leggi della logica fin qui espo­sta vi è spazio per la libera scelta dell’essere pensante. Il sovrappiù pro­dotto in un ciclo produttivo ρ áq| |xñ  qui espresso in termini di valore, può essere interamente, o solo parzialmente reinvestito, purché si rispettino le proporzioni di investimento per le varie merci, come date dalla soluzione del sistema matematico. Un sistema che tende a reinvestire tutto il sovrappiù nella produzione per aumentare così il PIL ad ogni ciclo pro­duttivo è evidentemente il più efficiente dal punto di vista della produzio­ne quantitativa. Se le risorse naturali disponibili sono limitate è anche il più efficiente nel depauperare tali risorse. Il sistema economico di tipo capitalistico è una possibile realizzazione pratica (ma non la sola) di que­sto modo di produrre. Il modello fin qui esposto è sufficientemente con­creto per farci capire che in un sistema a riproduzione semplice non sa­rebbe possibile la società capitalistica, non potrebbero esistere individui o gruppi sociali che non fossero immediatamente produttivi, e quindi non potrebbero esistere né gli scienziati, né gli artisti e nemmeno i capitalisti. I contabili delle antiche società sono nati solo dopo che le tecniche pro­duttive, con l’invenzione dell’aratro e della ruota, hanno fatto sì che si potesse produrre sufficiente cibo per dar da mangiare ai contabili, che hanno gettato le basi della matematica e, quindi, di tutte le altre scienze.

Notiamo che, anche se non esplicitamente esposto il modello che sopra abbiamo considerato ci permetterebbe di studiare, oltre ai meccani­smi della produzione anche quelli della distribuzione dei prodotti tra le varie industrie. Comunque, in questa nota non prendiamo in esame l’ulte­riore problema della distribuzione del sovrappiù tra i vari settori della società. Vediamo quali conseguenze possiamo dedurre dalle considera­zioni sin qui esposte.

La matematica ci dice che il nostro problema economico agli autovalori ha soluzione sotto condizioni poco restrittive che qui accenne­remo senza entrare molto nei dettagli. In breve, l’esistenza della soluzio­ne del problema economico risiede nel fatto banale che la merce lavoro, come verrà introdotta in seguito, necessariamente entra come input nella produzione di tutte le altre merci29. Ovviamente, ciò non significa che qualunque merce, che non sia lavoro o energia, debba entrare nella produ­zione di tutte le altre merci; p. es., i giocattoli, a differenza delle viti, non entrano nella produzione di altre merci. Seguendo Sraffa chiameremo quelle merci che entrano come input di altre merci con il termine di merci base e le altre merci non di base. Marx chiamava le merci non base, con il termine di merci di lusso.

Avendo introdotto tale distinzione per le merci, di conseguenza ci saranno le industrie di base e le industrie non di base. Dopo queste ne­cessarie distinzioni e soprattutto dopo aver notato il carattere fondamen­tale della merce lavoro, possiamo affermare che il sistema economico rap­presentato dalle (4.1) o (4.2), avendo imposto le condizioni economiche realistiche a cui deve obbedire la matrice di produzione ammette sempre soluzioni compatibili con un’economia a riproduzione allargata. Anche se non immediatamente necessario allo spirito del presente lavoro, aven­do introdotto il lavoro come merce speciale ritengo utile accennare alla forma delle equazioni economiche rendendo in esse esplicito il ruolo del lavoro.

Per fare ciò immaginiamo ancora con Sraffa di costruire un paniere di merci tale che il lavoro prodotto dai lavoratori risulti una combinazione lineare di tali merci. Pertanto la matrice di produzione complessiva sarà data come somma di due matrici distinte, secondo l’uguaglianza: P = A + L . Gli elementi di A, gli aij, conterranno solo coefficienti tecnologici in cui é stato sottratto il contributo diretto proveniente dalle prestazioni lavora­tive. Gli elementi della matrice di produzione L, gli lij, rappresenteranno i coefficienti tecnologici che contengono la merce lavoro. Il valore della merce lavoro lo si chiami saggio del salario e lo si indichi con w. Sotto queste ipotesi si potrà scrivere sempre

L |xñ = w |Lñ      avendo indicato con |Lñ  il vettore colonna cui elementi sono rispettivamente le quantità di lavoro richieste nell’industria i per produrre un’unità di merce j. Possiamo riscrivere l’equazione dei valori nella forma:

                                     (1 + ρ)  ( A |xñ  +  w |Lñ ) = |xñ              (4.6)

La grandezza ρ é il saggio del profitto delle sole imprese, in quanto dal prodotto finale si é tolta la parte distribuita come salario ai lavoratori. Si viene ad avere un grado di libertà in più del sistema, per cui il saggio del salario é un parametro libero che si può assegnare ad arbitrio con l’unico vincolo dato dalle condizioni di sussistenza dei lavoratori e della loro pro­le. Nel caso di salario di semplice sussistenza il lavoratore verrebbe con­siderato alla stessa stregua dei cavalli da soma. E di fatto così è stato considerato nella grande America al tempo della schiavitù dei negri. Al di fuori di questo caso il lavoratore partecipa del sovrappiù riducendo i pro­fitti delle imprese. Essendo, entro certi limiti, un parametro libero, il valo­re del lavoro, in una società capitalistica, può solo essere deciso da una contrattazione tra imprese e lavoratori e dai rispettivi rapporti di forza. Se il lavoro non potesse essere considerato un parametro libero del modello non avrebbe alcun senso la lotta sindacale.

Ovviamente assieme alla (4.7) si scrive la duale:

                                    (1 + ρ)  ( áq| A  +  w áL| ) = áq|                (4.7)

e quindi anche la forma scalare, ottenuta dalla (4.7) moltiplicando a de­stra per il vettore duale |xñ della forma:

 (1 + ρ)  ( áq| A |xñ  +  w áL| |xñ  ) = áq| |xñ                      (4.8)

         Notiamo che la (4.8) rappresenta l’equazione fondamentale che aveva già scritto Marx, assumendo il lavoro astratto sociale medio come merce cam­pione per i valori di scambio30.

 

            6.  Riproduzione congiunta di Sraffa ed equazioni del Von Neumann.

 

Per arrivare ad un modello concreto di sistema economico dovremo tenere conto nel nostro sistema matematico del lavoro non produttivo e delle imprese non produttive, come le imprese commerciali e di trasporto, ecc., che comunque partecipano alla divisione del sovrappiù. Il modo di introdurre tale quantità ce lo suggerisce ancora Sraffa con ciò che egli chiama il metodo della produzione congiunta.

Sraffa nota che l’ipotesi che ogni singola industria produca una sola merce è troppo restrittiva e si può ipotizzare che ogni industria possa produrre più merci.

In modo del tutto generale, sostituiamo l’equazione (4.2) con l’equazio­ne:

 

                                           (1+ρ) P |xñ = B |xñ           (5.1)

 

B è un’opportuna matrice di coefficienti che esprimono i rapporti con cui le diverse merci sono prodotte dalle varie industrie. Il secondo membro della (5.1) rappresenta in pratica una combinazione lineare di valori di scambio. Di conseguenza avremo pure:

 

                                    (1+ ρ) (A |xñ + w |Lñ ) = B |xñ         (5.2)

 

Il  ket |yñ = B |xñ  , che rappresenta il vettore dei valori compositi, avrà per componenti i valori che competono alla combinazione lineare (che assumiamo linearmente indipendente) di tutti i valori associati a tutte le merci secondo l’espressione31   yi = Σj=1,n bij xij

Dal punto di vista della matematica, la nuova impostazione non cambia i termini del problema. Infatti, dal momento che abbiamo supposto che merci composite siano linearmente indipendenti esiste sempre la matrice inver­sa, B-1, con la quale si può operare in due modi sostanzialmente equivalen­ti. Si può moltiplicare a sinistra il vettore |yñ per la matrice B-1 ottenendo B-1 |yñ = B-1 B |xñ = |xñ  e sostituendo nella (5.2) si ottiene:

 (1+ ρ) (A B-1 |yñ + w |Lñ ) = |yñ

 

indicando conA’ = A B-1  una nuova matrice si ottiene l’equazione

 

(1+ ρ) (A’ |yñ + w |Lñ ) = |yñ

 

che formalmente analoga all’equazione (4.6) solo che ora operiamo con una matrice di produzione trasformata.

Equivalentemente, possiamo moltiplicare a sinistra tutta 1’equazio­ne (5.2) per B-1, ottenendo:

 

(1+ ρ) (B-1 A |xñ + w B-1  |Lñ ) = |xñ

 

che è formalmente la stessa della (5.2), ove si ponga A’’= B-1 A

e |L’ñ = B-1 |Lñ. Essa ci appare come se ci fossero n industrie composite che producono le n merci semplici.

Vediamo dunque che la riproduzione congiunta si riconduce alla ri­produzione con sovrappiù di n industrie che producono n merci.

Ora il nostro schema teorico é sufficientemente concreto e potremo tentare l’approccio dinamico della teoria allo scopo di predire il compor­tamento a lungo termine del sistema economico in funzione del tempo. E’ ovvio che un tale tentativo si potrà fare solo nei limiti di una ecodinamica di equilibrio. E cioè supporremo sempre che il processo di trasformazio­ne economica sia talmente lento da procedere per una trasformazione di equilibrio del mercato. Per cui, sembra cruciale dover giustificare, all’in­terno dello schema teorico sopra delineato tale assunzione. In realtà la giustificazione teorica di ciò risiede nella soluzione generale del Von Neumann32. Si parte da un modello più generale (e che quindi compren­de il caso da noi discusso come caso particolare) di quello espresso dalla equazione (5.2). Il modello teorico viene posto sotto la forma espressa dalle disuguaglianze duali:

                                              β A |xñ £ B |xñ

                                                                                 (5.3)

α áq| A ³ áq| B

dove α é detto coefficiente di espansione dell’intera economia e β = l + ρ è detto fattore di interesse, le matrici A e B ed i vettori |xñ e áq| hanno il significato precedentemente discusso. Nella (5.3) viene rimossa l’ipotesi che il numero delle industrie (chiamati processi dal Von Neumann) sia uguale al numero delle merci. Il Von Neumann risolve, il problema indi­cato nelle (5.3), assumendo come incognite le qi , xi, α, β  e poi, serven­dosi del teorema del punto fisso di Brouwer riesce a provare che:

i)        l’equilibrio economico deve essere sempre verificato in una econo­mia realistica come espressa dalla (5.3);

ii)       Se le xi, yi , sono determinate (ovvero date come fin qui supposto) allora α, β  sono univocamente determinate. In particolare si mostra che α = β come avevamo posto nello sviluppo formale precedentemente intro­dotto.

Con la dimostrazione dell’equilibrio generale del Von Neumann si chiude a mio avviso ogni polemica ed ogni critica sul metodo scelto dal Marx. Ma il mondo, probabilmente, ha già perso l’opportunità di com­prendere per sempre l’enorme importanza della teoria economica marxiana per accontentarsi di surrogati teorici marginali confusi che sembrano nati con l’unico scopo di giustificare lo sfruttamento indiscriminato delle ri sorse naturali che condurrà prima o poi alla morte del pianeta.

 

7.  Dinamica dell’Economica Fisica: L’approccio teorico di Sal­vatore Notarrigo

 

Nello scrivere le equazioni che reggono la dinamica del modello economico sopra introdotto ci limitiamo a considerare come punto di par­tenza l’equazione fondamentale:

 

(1+ρ) áQ| P = áQ|

 

Il vettore áQ| indica le quantità alla fine del ciclo e il vettore  áq| = áQ| P   indica le quantità investite all’inizio del ciclo. Si può scrivere:

 

                                                áQ| - áq| = ρ áQ| P

 

I due membri di quest’ultima equazione rappresentano il sovrappiù prodotto da tutte le imprese in un ciclo produttivo nel periodo riprodutti­vo u. Allora, con ovvio significato dei simboli, il sovrappiù mediamente prodotto nell’unità di tempo sarà dato da:

 

                                           

 

o       anche, indicando con r il sovrappiù prodotto nell’unità di tempo:

 

                                   

 

L’equazione (6.1) si può considerare rappresentativa di un processo con­tinuo. Pertanto scriveremo:

 

                                

 

La soluzione della (6.2) ci dà l’evoluzione temporale del nostro sistema economico, ormai sufficientemente concretizzato. Questa equazione rap­presenta una situazione fisica in cui si suppone che tutto il prodotto venga reinvestito. Ma, come l’esperienza insegna, questo significa che un picco­lo errore fatto nell’allocazione delle risorse ci farebbe allontanare sempre di più dalla via che conduce alla realizzazione del massimo sovrappiù fino al collasso del sistema economico. Per evitare questo inconveniente, e come sufficientemente discusso in precedenza, è necessario non investi­re tutto il prodotto, ma creare delle scorte. Con l’introduzione delle scorte l’equazione diventa:

           

o riferendoci all’equazione duale dei valori:

 

                                   

 

essendo K una matrice che rappresenta le frazioni di ogni singola merce prodotta in ogni singola industria che viene riservata come scorta. Dun­que, ponendo , quantità che rappresenta il livello di sviluppo dell’economia al tempo t, e derivando rispetto al tempo, la (6.4) si può scrivere anche nella forma:

 

                                   

 

ove si tenga ben presente che le matrici P e K, e quindi anche r, possono variare con il tempo in dipendenza del livello di sviluppo economico rag­giunto. L’equazione (6.5) rappresenta un sistema matematico simile a quello che si potrebbe scrivere per un sistema meccanico di particelle. E’ giusto chiamare la (6.5) equazione economica di Notarrigo. Essa permet­terebbe di ottenere l’evoluzione di un dato sistema economico, noti r, P, K ed il vettore iniziale áy|0 .

La soluzione dell’equazione (6.5), nel caso lineare, cioé quando i coefficienti sono costanti, è:

 

                                   

 

rk sono gli autovalori della matrice di produzione. Quindi la soluzione generale é somma di n componenti parziali  funzioni del tempo, ognuna delle quali corrisponde ad un autovalore rk che può essere in ge­nerale un numero positivo, un numero negativo, o un numero complesso (in tal caso sarà accompagnato dal coniugato corrispondente). E quindi, in perfetta analogia con le soluzioni di un sistema di equazioni che rap­presentino tanti oscillatori accoppiati si avrà che, se gli rk sono tutti posi­tivi, allora le componenti della (6.6) cresceranno nel tempo con legge esponenziale e, per tempi lunghi, prevarrà solo la componente con l’autovalore massimo. Cioè si otterrà una crescita esponenziale dell’eco nomia. Se qualche rk fosse negativo, allora il componente corrispondente nella (6.6) si smorzerebbe col tempo fino a sparire. Se invece tra gli autovalori ci fossero coppie complesse coniugate, queste darebbero origi­ne a delle oscillazioni periodiche33 che tendono percentualmente ad atte­nuarsi fino a scomparire quasi del tutto con l’espandersi dell’economia con il tasso massimo di sviluppo.

Quindi, assumendo che esista almeno un elemento ad autovalore positivo (altrimenti non vi può essere nè economia nè storia dell’economia) il si­stema economico per tempi sufficientemente lunghi deve evolvere secon­do l’equazione:

 

                                

 

avendo indicato con S(t) il livello dello sviluppo economico della società, cioè l’integrale nel tempo della produzione annua.

Ovviamente, solo se il coefficiente k è positivo e costante con il tempo la soluzione di tale equazione darebbe una legge esponenziale di crescita della forma S = S0 ekt essendo S0 l’ammontare del valore prodotto al tempo t = t0 . Se invece, per qualche motivo, k evolve con il tempo, la pura legge esponenziale non potrà più essere mantenuta.

Cosa ci dice a questo riguardo la fisica del problema, tenuto conto delle conoscenze acquisite fino a questo momento?

La fisica ci dice che per produrre merci bisogna trasformare energia e quindi consumare negaentropia34 . Questa negaentropia può solo essere ripristinata dal ricambio organico naturale determinato dagli scambi negaentropici tra il sole e la terra. Quindi se in un primo momento, la legge della crescita economica esponenziale è il fatto dominante, in un secondo momento, e cioè quando i consumi sono tanto grandi da far au­mentare sensibilmente il calore da smaltire sulla superficie della terra, si assisterà ad uno squilibrio termico tra la terra e sole. Inoltre, in regime di crescita economica esponenziale (compatibile con un investimento totale degli output prodotti) un’enorme quantità di elementi inquinanti verrà immessa nel circolo biologico, il cui effetto è quello di aumentare ineso­rabilmente il livello entropico dell’ecosistema terrestre. Se il serbatoio da cui attingere la negaentropia fosse infinito allora la legge esponenziale potrebbe essere mantenuta indefinitamente. Ma ciò è palesemente assur­do come dimostrato ampiamente dall’esperienza. Assistiamo infatti ad un progressivo ed inesorabile depauperamento delle risorse planetarie che si evidenzia nella scomparsa delle foreste, nella fusione progressiva dei ghiac­ciai, nell’inquinamento continuo di mari, fiumi e laghi. Questo meccani­smo perverso è quello che lega strettamente l’ambiente all’economia. I cicli naturali, che funzionano con meccanismi complicatissimi e larga­mente sconosciuti, subiscono profonde alterazioni in conseguenza del­l’inquinamento, e, a lungo andare, essi, alterati e compromessi tenderan­no a frenare lo stesso sviluppo economico che la legge della massima efficienza produttiva voleva mantenere in vita.

Dal punto di vista della matematica, dobbiamo notare che una sensibile diminuzione del coefficiente k deve produrre un rallentamento del PIL, ed in pratica, si deve assistere ad un generale rallentamento dell’occupazio­ne proprio in quei settori produttivi che avevano garantito precedente­mente la crescita esponenziale dell’economia.

Il noto economista americano W. H. Fisher35 ha fatto tempo fa un’analisi dell’andamento dei prezzi di mercato negli USA. L’autore estrapola fino al 1975 i prezzi rilevati per diverse merci dal 1953 al 1960. Si conclude che i prezzi delle merci, che più direttamente dipendono dall’ambiente come, in primo luogo, le merci che derivano direttamente dall’agricoltura e dalla pesca (incluso il prezzo della merce lavoro) crescono più rapida­mente dei prezzi delle merci industriali (come materiali sintetici, prodotti chimici, tessuti, materiali per pavimentazione, ecc.). Ovviamente la cre­scita del prezzo relativo della merce lavoro spinge le industrie a sostituire il lavoro umano, anche quello intellettuale, con macchine, automi e calco­latori, aumentando il fenomeno della disoccupazione. I dati empirici in nostro possesso ci suggeriscono che si è ormai entrati nella zona non line­are con un rallentamento della legge esponenziale di crescita.

Il Notarrigo36, utilizzando il modello dinamico sopra accennato fa un’ana­lisi dei dati empirici disponibili sui consumi energetici mondiali e confer­ma l’esistenza in atto di una crisi economica di vaste proporzioni che coinvolge l’intero mondo produttivo. Tale analisi, condotta più di 15 anni or sono sembra essere confermata oggi in modo sorprendente dalle diffi­coltà economiche di molti stati considerati tradizionalmente solidi come ad esempio il Giappone. Lo stesso crollo della Unione Sovietica, a mio avviso, può essere ricondotto a tale situazione di crisi generale.

Se l’analisi sopra accennata è valida si può indicare la conclusione se­guente.

La competizione sul mercato, regolata dalla legge del massimo profitto di ogni singola azienda, conduce, in media, effettivamente al percorso di massima efficienza del sistema economico produttivo. Tale rapida espan­sione del livello dei consumi si scontra inevitabilrnente con le leggi della termodinamica, quando si consideri la sua interazione con l’ecosistema terrestre. Ritroviamo la conclusione del Marx: il limite del capitale è il capitale stesso.

D’altro canto, l’idea di attuare una programmazione economica su vasta scala (ad esempio l’economia pianificata di sovietica memoria) si scon­tra, a sua volta, con l’enorme complessità del sistema economico che coin­volge il mondo intero. L’unica soluzione sembra la strada che suggerisce la gestione di piccoli sistemi economici, economicamente quasi autosufficienti. Possiamo chiamare questi ipotetici, ma possibili, piccoli sistemi economici con il termine di Sistemi Celluari Economici (SCE). In passato ad esempio, le città stato della civiltà dei Sumeri, o della Grecia antica e della Magna Grecia, o del Rinascimento italiano ci hanno fornito degli esempi concreti anche se parziali e limitati nel tempo di SCE. Sfor­tunatamente però delle proposte che si possono avanzare in tal senso pos­sono essere facilmente confuse con i vari e più o meno camuffati nazionalismi che nulla hanno a che fare con la termodinamica del proble­ma a cui abbiamo voluto accennare. Possiamo però affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la legge di evoluzione del sistema economi­co attuale (massimo profitto delle aziende), così poco influenzabile dalla volontà dei singoli, prosegue la sua inesorabile marcia trascinando tutti i viventi verso l’abisso37.

Desidero ringraziare il Dott.Giuseppe Garozzo per la paziente lettura del presente lavoro e per i suoi preziosi suggerimenti.

 

 

NOTE

 

1) «Nel Campo dell’economia politica la libera ricerca scientifica non incontra soltanto gli stessi nemici che incontra in tutti gli altri campi. La natura peculiare del materiale che tratta chiama a battaglia contro di essa le passioni più ardenti, più meschine e più odiose del cuore umano, le Furie dell’interesse privato.» [Il Brano é tratto dalla V edizione del testo in italiano “Il Capitale Libro Primo” edito da Editori Riuniti — ristampa 1989, pag. 34]. Ed ancora . . .l’economia   ha rinunciato a tutto quello che costituisce la base del procedimento scientifico per sostenersi su differenze che sono di rilievo solo in apparenza.»[ Ibidem, Il Capitale libro Terzo, pag.2 10]   TORNA

2) Cfr. R. Passet, La double dimension energetique et informationelle de l’act economique, in Une approche multidisciplinaire de l’environnement, Economica, Paris, 1980, p. 57; e D.E. James e coll., Economic approaches to environmental problems, Elsevier, Amsterdam, 1978.   TORNA

3) «Il vero limite della produzione capitalistica é il capitale stesso, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo…che la produzione è solo produzione per il capitale, e non al contrario i mezzi di produzione sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per la società dei produttori.»[Ibidem, il Capitale libro terzo, pag. 360]   TORNA

4) «..... .la grande proprietà fondiaria riduce la popolazione agricola ad un minimo continuamente decrescente e le contrappone una popolazione industriale continuamente crescente e concentrata nelle grandi città; essa genera così le condizioni che provocano una incolmabile frattura nel nesso del ricambio organico sociale prescritto dalle leggi naturali della vita, . . .»[Ibidem, Il Capitale libro terzo, pag.926,]   TORNA

5) N. Georgescu - Roegen, The entropy law and the economicprocess, Harvard Univ. Press, 1971.   TORNA

6) J. Von Neumann, Un modello di equilibrio economico generale, L’industria, n. 1, 1952, pag. 1. La sua dissertazione sull’equilibrio economico generale fu letta per la prima volta nel 1932 nel seminario matematico dell’Università di Princeton.   TORNA

7) Con il termine di equilibrio generale intenderemo questa situazione del mercato delle merci nella quale sia determinato esattamente il valore di scambio di ognuna di esse, e questo senza eccezione alcuna, rispetto ad una ben determinata unità di misura presa come campione.   TORNA

8) Con il termine valore di scambio intenderemo sempre una grandezza con il significato preciso che essa ha nella fisica elementare.   TORNA

9) P. Sraffa, Produzione di merci a mezzo di merci - Premesse a una critica della teoria economica, Einaudi, quinta ristampa, 1981. L’opera originale in inglese è del 1960.    TORNA

10) S. Notarrigo, Una ridefinizione della teoria economica, in Energia ed Ambiente, a cura di G.Amata e S.Notarrigo, C.U.E.C.M., 1987.   TORNA

11) La determinazione del valore di scambio di una merce è sempre relativa alla grandezza unita­ria di riferimento. Tale determinazione può risultare invariata anche in presenza di cambiamento dei coefficienti produttivi.   TORNA

12) «L’indagine riguarda esclusivamente quelle proprietà di un sistema economico che sono indipendenti da variazioni nel volume della produzione …Questo punto di vista, che è quello degli economisti classici da Adamo Smith a Ricardo, è stato sommerso e dimenticato in seguito all’avvento della teoria marginale.» [Ibidem, Piero Sraffa op. cit. Prefazione]   TORNA

13) «La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una immane raccolta di merci e la merce singola si presenta come forma elementa­re. Perciò la nostra indagine comincia con l’analisi della merce » [Karl Marx, op. cit. nota 1. pag.34]   TORNA

14) Si noti che il concetto di merce nulla ha che fare, in quanto concetto scientifico, con il bene di cui parlano i marginalisti. L’unica proprietà che caratterizza la merce è quella che essa deve essere prodotta da un certo sistema produttivo per essere venduta e comprata nel mercato. Infatti oggi assistiamo alla compravendita di merci che per nessuna ragione possono chiamarsi beni, come le scorie nucleari, rifiuti di ogni genere, la droga, ecc., e d’altra parte vi sono beni, che finora nessu­no ha mai pensato di vendere o comprare, se non in particolari circostanze, come l’aria che respi­riamo o l’acqua, che usualmente vengono detti beni liberi.    TORNA

15) Il grano da scambiare sul mercato può assumere diverse forme come ad esempio sementi, pane, ecc.. Il ferro che può essere scambiato sul mercato può assumere diverse forme: forbici, zappe, ecc.. In un modello più complicato considereremo le industrie di trasformazione del ferro e quelle del grano, ma per il momento conviene partire da due sole industrie.   TORNA

16) Inoltre consideriamo le produzioni totali in un periodo di tempo dato che fissiamo in un anno. A rigore la scelta del periodo di riferimento sul quale computare la produzione, nel modello mate­matico, è una scelta arbitraria. Tuttavia, conviene considerare periodi che siano rappresentativi di un intero ciclo produttivo il quale tenga conto dei ritmi biologici riproduttivi di alcune merci.   TORNA

17) Utilizzare il termine econometrico in analogia al termine stechiometrico noto nella chimica per descrivere il bilancio tra due membri di una reazione chimica come, ad esempio : 2Fe + 3Cl2 ® 2FeCl3 . In questa equazione chimica il simbolo + non ha l’usuale significato noto dall’aritme­tica. Così il simbolo + usato per indicare l’equazione semplice economica che descrive la trasfor­mazione di due o più merci in una terza non ha il senso noto in aritmetica.   TORNA

18) Nell’esempio numerico di Sraffa si ha: q1 = 400 e q2 = 20    TORNA

19) Ibidem, Piero Sraffa, op. pag. 4    TORNA

20) E’ patrimonio dell’esperienza più comune il fatto che non tutte le annate produttive si presen­tano con lo stesso rendimento. Accade che la quantità di grano prodotta dipende dalle condizioni climatiche che si ripresentano di anno in anno. Sia q(t) una quantità funzione del tempo. Suppo­niamo di registrare tale quantità per un periodo molto lungo di tempo T rispetto al periodo di tempo u (un anno) preso a riferimento. Allora le quantità q che compaiono nelle espressioni mate­matiche precedentemente introdotte rappresentano il valore medio della grandezza q(t) effettuato nel periodo di tempo T  e rapportato al periodo unitario u.   TORNA

21) Da millenni l’uomo si è reso conto della necessità di provvedere ad un sistema di scorte adeguato. Vedi, ad esempio il racconto biblico del mitico Giuseppe in Egitto. Nel passato molto remoto si sono registrate molteplici situazioni di regresso del sistema economico, e dunque di regresso della popolazione umana. Vedi ad esempio il libro di G.B.Zorzoli, Il Pianeta in bilico, Ed. Garzanti 1988.   TORNA

22) Ibidem, S.Notarrigo, op. cit.   TORNA

23) La notazione in vettori bra e vettori ket è della meccanica quantistica dove è stata introdotta dal fisico Paul A.M. Dirac nel 1957; vedi P.A.M. Dirac, I Principi della Meccanica Quantistica, 2’ Ed. Boringhieri 1976, pagg.25-30   TORNA

24) Nello stesso identico modo come si procede nella teoria delle grandezze fisiche.   TORNA

25) Bisogna fare attenzione che nel PIL entrano i valori di scambio e non i prezzi di mercato.   TORNA

26) Ibidem, P.Sraffa, op. cit.   TORNA

27) Il determinante del sistema lineare (4.5) uguagliato a zero produce un’equazione algebrica di grado due. Pertanto oltre al valore di z indicato nel testo, si avrebbe anche la seconda soluzione z = 0.089089 che produce una soluzione economicamente non accettabile perché le quantità pro­dotte sarebbero negative.   TORNA

28) Ibidem, P.Sfraffa, op. cit. pag. 9   TORNA

29) Tenuto conto del fatto che se si potesse sostituire il lavoro umano con degli automi intelligenti, come a poco a poco si va facendo, occorrerà sempre del lavoro umano per progettare e fare funzio­nare gli automi.   TORNA

30) Infatti, se poniamo:

c= áq| A |xñ ,   C’= áq| |xñ ,   ν = w áL| |xñ ,  C = c + ν ,   p = C’ - C

si ottiene       C’ = C + p = c + ν + p = (1 + ρ) (c + ν) = (1 + ρ) C

con la terminologia di Marx, c è il capitale costante, in quanto rimane invariato alla fine del processo di produzione, v è chiamato capitale variabile in quanto di ciclo in ciclo aggiunge va­lore al capitale iniziale. C è il capitale complessivo impiegato nella società e C’ è il capitale complessivo prodotto alla fine di un ciclo. Naturalmente si ha

p = C’ — C = ρ (c+v)

che è il sovrappiù (il famoso plusvalore di Marx ) prodotto in un ciclo. L’equazione di Marx, che abbiamo mostrato essere perfettamente compatibile con lo schema teorico di P. Sraffa ha su­scitato innumerevoli polemiche. Per avere un’idea sufficiente del dibattito attorno all’analisi marxiana, si veda il classico lavoro : La Teoria dello Sviluppo Economico Capitalistico, a cura di C. Napoleoni — Universale Scientifica Boringhieri, 1970. Una critica particolarmente strin­gente dell’equazione di Marx, critica che a mio avviso è sbagliata, si trova nel libro di I.Steedman, Marx after Sraffa , Thad. di Antonia Campus in lingua Italiana, Ed. Riuniti 1980.    TORNA

31) Tra le merci prodotte dalle singole industrie ora possono esserci delle merci con un valore di scambio negativo, come le scorie della produzione energetica e i rifiuti.   TORNA

32) Tale prova è data nel lavoro del Von Neumann già citato nel presente lavoro. L’autore non usa la simbologia dei vettrori bra e dei vettori ket. In questa nota ci siamo uniformati all’impostazione seguita in tutto il testo. Ovviamente, ricordando il significato di prodotto riga per colonna, intro­dotto per le matrici, la comprensione delle (5.3) è immediata.   TORNA

33) In generale queste componenti oscillanti, hanno ampiezze che stanno in rapporti irrazionali tra loro (salvo casi eccezionali). Il loro effetto nell’equazione è simile al comportamento delle cosid­dette crisi periodiche del sistema produttivo che si sono registrate nel passato anche recente.    TORNA

34) Il Von Neumann mostra che, in analogia ad un sistema termodinamico, la trattazione dell’eco­nomia di equilibrio richiede l’introduzione di una funzione di stato economica Φ la cui funzione è simile a quella dei potenziali termodinamici. In base a tale interpretazione, la variazione di negaentropia economica può essere interpretata come la somma complessiva di tutti i valori di scambio prodotti.   TORNA

35) Vedi W.H. Fisher, The anatomy of inflation 1953 - 1975, Scientific Amarican, November1971.   TORNA

36) S.Notarrigo, La teoria del valore di Marx e l’economia moderna, in Quaderni della coopera­tiva «LABORATORIO» , a cura di M.Blancato e G.Boscarino, -SIRACUSA- 1985.   TORNA

37) I modelli economici esposti in questa nota sono stati discussi in aula nel corso di Fisica del­l’Ambiente dal compianto Prof. Salvatore Notarrigo presso il Dipartimento di Fisica dell’Univer­sità di Catania. Ho avuto il raro privilegio di essergli stato discente, collega e grande amico.   TORNA