Il coefficiente di Fizeau e la relatività ristretta: è determinabile la velocità della luce in un mezzo?
According to Einstein’s special theory of relativity, the velocity of
light is costant only in the vacuum: ina medium its velocity depends on the
motion of this medium (Fresnel’s drag). Yet, using the equation provided
by the special theory of relativity,
two different formulas can be obtained for the Fizeau’s coefficient and, therefore,
for the velocity of light in moving medium.
Nell’articolo del 1905, Einstein così enuncia il
secondo principio (quello usualmente chiamato “Principio della costanza della
velocità della luce”): “Ogni raggio di luce si muove nel sistema di coordinate
“in quiete” con la determinata velocità c, indipendentemente dal fatto
che quel raggio di luce sia emesso da un corpo in quiete, o da un corpo in movimento.”(1) Come si può notare, non fa riferimento al mezzo in cui la luce si
“muove” (ammesso che si muova!). In altri scritti Einstein stesso e altri
autori specificheranno che la costanza della velocità della luce, per
osservatori in moto uniforme tra loro con velocità v, lungo l’asse x,
parallelamente a c (in una sola direzione), si ha solo nel vuoto. In effetti,
se caratterizziamo un mezzo con
l’indice di rifrazione n, dipendente solo dalle proprietà del mezzo, e quindi,
in prima istanza, costante, dall’equazione dell’onda:
1)
si ricava la soluzione generale :
2)
con f, g funzioni arbitrarie dei loro argomenti e,
con tutte le ipotesi ad hoc che si vanno via via facendo, è possibile ricavare
le trasformazioni di Lorentz,
scritte banalmente con V al posto di c, e che
lasciano invariata in forma l’equazione dell’onda1).
Ma la propagazione della luce in un mezzo in moto
(ad esempio l’acqua) pare che non goda del principio della costanza della sua
velocità. Fresnel, tra gli altri, nel 1817, aveva ipotizzato un parziale
trascinamento della luce da parte del mezzo in moto, che gli esperimenti, in
particolare quelli di Fizeau del 1851 e di Hoek del 1868, sembravano confermare
nonostante le notevoli difficoltà ad eseguirli ed interpretarli.
La formula di trascinamento
data da Fresnel per la velocità della luce in un mezzo in moto rispetto ad un
osservatore fisso O rispetto alla sorgente è:
essendo ω la frequenza angolare, k il numero
d’onda e ν la velocità di O’ rispetto ad O.
A
partire da Max von Laue, nel 1907, si suole ricavare la 4) (che manca nella
memoria di Einstein del 1905, pur essendo stato l’esperimento di Fizeau
importante, come da lui sottolineato, per la nascita della sua teoria)
dall’addizione delle velocità data nella relatività ristretta.
Se
la velocità della luce è costantemente V=c/n rispetto al mezzo sia che
quest’ultimo (o l’intero sistema O’) risulti in moto rispetto all’osservatore O
sia nel caso contrario, e la velocità del mezzo (o di O’) risulti sempre ν
rispetto ad O, l’addizione delle velocità nella relatività ci fornisce:
avendo sviluppato in serie la frazione e indicato
con O(ν2) i termini in .
Così il trascinamento parziale dovuto al moto del
mezzo sembra venga spiegato come conseguenza dei principi della relatività e
non come ipotesi ad hoc, seguendo Fresnel o come risultato di un complicato
gioco elettromagnetico, seguendo Lorentz.
Ma
si debbono porre diversi problemi.
Innanzi tutto, essendo n = n(ω), considerando
cioè gli effetti di dispersione, la velocità della luce rispetto al mezzo non
sarebbe costante (come supposto per poter applicare l’addizione delle velocità)
ma data da cioè dipendente da
ω’ e quindi da ν (per l’effetto Doppler)2.
E’ corretto, come hanno
fatto notare alcuni autori3 applicare l’addizione delle
velocità della relatività alle velocità di fase delle onde (quale quella della
luce? O poi diventa, nel mezzo, velocità di gruppo?4 Ma le trasformazioni di Lorentz usate, per tali problemi sono le 8),
scritte dopo, con !) visto che, per le
velocità di fase non c’è la limitazione sub-c (come per le particelle) e la
loro somma, stando alla formula relativistica, potrebbe essere sub-c o iper-c?
Perché
non usare le trasformazioni di Lorentz con V al posto di c, visto che stiamo
trattando la luce in un mezzo, e con ciò la formula di addizione diverrebbe:
che darebbe sempre V, anche per l’osservatore O?
Inoltre
considerando la dispersione (senza l’assorbimento) bisognerà scrivere, anzicchè
la
con (dato dalla teoria
elettromagnetica).
Nel
caso semplice di (elettroni liberi o
raggi X incidenti), la 6) diventa5:
con costante, anche in
relatività.
Utilizzando le trasformazioni di Lorentz:
si può verificare banalmente che la 7) non è
invariante in forma per le 8). Cioè la 7) non implica . (E nemmeno con le trasformazionidi Lorentz scritte con V al
posto di c; solo per a=0, cioè nel vuoto, si verifica l’invarianza in forma!).
Ma
c’è di più.
Considerando la dispersione la formula di Fresnel
diventa:
ed utilizzando le trasformazioni di Lorentz per
ω’ scritte prima, nell’approssimazione γ®1, è possibile scrivere:
Sostituendo la 10) nella 9) e sviluppando in serie
di Taylor (arrestandoci ai termini del 1° ordine) si ottiene:
con .
E se definiamo la lunghezza
d’onda come se fosse nel vuoto come misurata da O,
la 11) diventa:
con
e corrispondente
a .
La 12) è in accordo
matematico con le varie formule proposte negli anni per il coefficiente ε
di Fizeau da Lorentz, Laub, Cunningham, Silberstein, Zeeman, Moller, Jackson,
Synge e Cook-Feran-Milonni (questi ultimi specificano l’acqua come mezzo),
Hill, Bilger-Stowill, etc…6 se trascuriamo il termine nella frazione.
Ma se anzicchè considerare
n(ω) si considerasse n(λ) in modo da scrivere al posto della 9) la
seguente
utilizzando le
trasformazioni di Lorentz per (anzicchè per ), nelle stesse approssimazioni di prima, sarà possibile
scrivere:
.
Sostituendo, come prima, la
14) nella 13) e sviluppando in serie di Taylor (con la solita troncatura) si
ottiene:
con
che, trascurando nella frazione, è la
formula data da McCrea7 ed è diversa dalla formula
12) riportata prima, e diversa ancora dalla formula data tra gli altri da
Zernicke, Synge, Cook-Fearn-Milloni8, Bilger-Stowell9 per un corpo solido. (Nella bibliografia consultata
vengono riportate ε(λ) a volte non corrette e in correzione di altre
non corrette!).
Utilizzando, dunque, le trasformazioni di Lorentz si
ottengono due formule diverse per l’effetto di dispersione.
Qualcuno tenta di conciliare le due formule, che
differiscono sostanzialmente per il termine nell’una e nell’altra,
riconsiderando la definizione di lunghezza d’onda nel vuoto e in un mezzo
diverso data, a volte, in modo impreciso e ingannevole.
Ma, in ogni caso, resta da
chiarire perché utilizzando le formule della relatività, oltre ai problemi
prima sollevati, si perviene a due formule diverse per lo stesso fenomeno,
nelle stesse condizioni.
Si potrebbe pensare di
scrivere il coefficiente di Fizeau in generale, approssimativamente come:
demandando agli esperimenti
la scelta!
Ma,
come abbiamo più volte ripetuto in questi anni a proposito degli esperimenti
del tipo Michelson – Morley10 ,
questi esperimenti interferometrici risultano non solo di difficile
realizzazione ma anche di controversa interpretazione.
Nel
caso specifico, a parte i primi esperimenti di Fizeau, di Hoek (prima citati) e
di Michelson (1891-1892), viene riportato dalla letteratura corrente che i più
accurati, in particolare per gli effetti di dispersione, siano quelli di Zeeman
(tra il 1914 e il 1927).
In
questi esperimenti, però, bisogna valutare l’intensità dei diversi errori,
spesso ineliminabili, presenti e la loro incidenza sul risultato finale. Errori
sistematici dovuti, per esempio, alle variazioni del flusso della velocità del
liquido fatto scorrere nel tubo, e agli effetti della larghezza della banda
finita della figura d’interferenza delle onde luminose. Errori casuali dovuti,
tra l’altro, alle variazioni della sezione trasversale, alle variazioni dovute
alle fluttuazioni della pressione ai capi del tubo, alla temperatura, alle
curvature e agli angoli dei tubi, al possibile flusso turbolento (nel quale è
difficile la determinazione di v!) e alla compressibilità.
Normalmente
la tendenza, in questi casi, è considerare “trascurabili” tutti gli errori
possibili nei modelli utilizzati e interpretare i risultati sperimentali in
favore della formula più accreditata e/o più utilizzata, in questo caso quella
di Lorentz e degli altri, senza, peraltro, che questi esperimenti riescano a
discriminare tra le due formule.
La
conclusione che è possibile tirare, per questi esperimenti, la possiamo
affidare alle stesse parole di conclusione del lavoro di Jan Lerche, del 1977,
più volte citato: “The results of
Zeeman’s experiments are inconclusive. The whole series of experiments needs to be repeated
with an improvement of about an order of magnitude in accuracy to say anything
at all experimentally concerning the Fresnel and Lorentz formulas. And when the
experiments are repeated, detailed attention to the points raised here
(together with any others that are particular to the precise experimental
setup) should be paid11”.
Note
1
A. Einstein, Zur elekrodynamik bewegter, Annale der
Physik, 17, 1905, pag 891; traduzione in italiano di P. Straneo in
“Cinquantanni di relatività” (a cura di Pantaleo),
Universitaria Editrice. Firenze. 1955.
TORNA
2
cfr. R.J.
Cook, H. Feran, P. W. Milonni, Am. J. Phys. 63, 705 (1995). TORNA
3
cfr., tra gli
altri, I. Lerch, Am. J. Phys. 45, 1154 (1977). TORNA
4
cfr. P. Di
Mauro: “Le trasformazioni di Lorentz e la relatività ristretta” Mondotre La Scuola Italica Dicembre 1999
(AnnoI — n. 1. Nuova serie); P. Di Mauro, S. Notarrigo: “Sul significato fisica della velocità della luce nel
vuoto”, Comunicazione al LXXXII Congresso Nazionale S.I.F., Verona
1996 TORNA.
5
cfr.
Feynman, Leighton, Sands: “The Feynman
Lectures on Physics” Vol. I,
Parte II. 31-3, 48-4. Addison
–Wesley Publishing Company,
California, TORNA
6
cfr. I,
Lerche, op. cit., pag. 1154 e relativa bibliografia; R, J. Cook, H. Fearn, P. W. Milonni, op.
cit., pag. 708; H. R. Bi1ger, W. H. Stowell, Phys. Rev. A 16, 313 (1977) e relativa bibliografia;
E. L. Hill, “Optics and Relativity Theory”, Ed. by E. U.
Condon and H. Odshaw: “Handbook of
Physics” vol. I — McGraw —Hill Book Co. N.Y., 1958. TORNA
7
W.H.
McCrea, “Relativity Physics”, Methuen,
London, 1952. TORNA
8
R. J. Cook, H.
Fearn, P. W. Milonni, op. cit., pag. 709
TORNA.
9
H.
R. Bilger, W. H. Stowell, op. Cit.,
pag. 314. TORNA
10
P. Di Mauro,
S. Notarrigo, A. Pagano: “Riesame della
teoria di A. Righi sull’apparato dell’esperimento di Michelson-Morley”. Quaderni di Storia della Fisica
(Giornale di Fisica), 2, 1997, pp, 101 - l10, Ed. Compositori, Bologna.
1997. TORNA
11
I. Lerche,op.
cit., pag. 1163. TORNA