Il coefficiente di Fizeau e la relatività ristretta: è determinabile la velocità della luce in un mezzo?

Pietro Di Mauro

 

 

Abstract

According to Einstein’s special theory of relativity, the velocity of light is costant only in the vacuum: ina medium its velocity depends on the motion of this medium (Fresnel’s drag). Yet, using the equation provided by  the special theory of relativity, two different formulas can be obtained for the Fizeau’s coefficient and, therefore, for the velocity of light in moving medium.

 

 

            Nell’articolo del 1905, Einstein così enuncia il secondo principio (quello usualmente chiamato “Principio della costanza della velocità della luce”): “Ogni raggio di luce si muove nel sistema di coordinate “in quiete” con la determinata velocità c, indipendentemente dal fatto che quel raggio di luce sia emesso da un corpo in quiete, o da un corpo in  movimento.(1) Come si può notare, non fa riferimento al mezzo in cui la luce si “muove” (ammesso che si muova!). In altri scritti Einstein stesso e altri autori specificheranno che la costanza della velocità della luce, per osservatori in moto uniforme tra loro con velocità v, lungo l’asse x, parallelamente a c (in una sola direzione), si ha solo nel vuoto. In effetti, se caratterizziamo un  mezzo con l’indice di rifrazione n, dipendente solo dalle proprietà del mezzo, e quindi, in prima istanza, costante, dall’equazione dell’onda:

                                   1)    

si ricava la soluzione generale :

                                   2)   

con f, g funzioni arbitrarie dei loro argomenti e, con tutte le ipotesi ad hoc che si vanno via via facendo, è possibile ricavare le trasformazioni di Lorentz,

                                  

scritte banalmente con V al posto di c, e che lasciano invariata in forma l’equazione dell’onda1).

Ma la propagazione della luce in un mezzo in moto (ad esempio l’acqua) pare che non goda del principio della costanza della sua velocità. Fresnel, tra gli altri, nel 1817, aveva ipotizzato un parziale trascinamento della luce da parte del mezzo in moto, che gli esperimenti, in particolare quelli di Fizeau del 1851 e di Hoek del 1868, sembravano confermare nonostante le notevoli difficoltà ad eseguirli ed interpretarli.

La formula di trascinamento data da Fresnel per la velocità della luce in un mezzo in moto rispetto ad un osservatore fisso O rispetto alla sorgente è:

                                  

essendo ω la frequenza angolare, k il numero d’onda e ν la velocità di O’ rispetto ad O.

            A partire da Max von Laue, nel 1907, si suole ricavare la 4) (che manca nella memoria di Einstein del 1905, pur essendo stato l’esperimento di Fizeau importante, come da lui sottolineato, per la nascita della sua teoria) dall’addizione delle velocità data nella relatività ristretta.

            Se la velocità della luce è costantemente V=c/n rispetto al mezzo sia che quest’ultimo (o l’intero sistema O’) risulti in moto rispetto all’osservatore O sia nel caso contrario, e la velocità del mezzo (o di O’) risulti sempre ν rispetto ad O, l’addizione delle velocità nella relatività ci fornisce:

                                  

avendo sviluppato in serie la frazione e indicato con O(ν2) i termini in .

Così il trascinamento parziale dovuto al moto del mezzo sembra venga spiegato come conseguenza dei principi della relatività e non come ipotesi ad hoc, seguendo Fresnel o come risultato di un complicato gioco elettromagnetico, seguendo Lorentz.

            Ma si debbono porre diversi problemi.

Innanzi tutto, essendo n = n(ω), considerando cioè gli effetti di dispersione, la velocità della luce rispetto al mezzo non sarebbe costante (come supposto per poter applicare l’addizione delle velocità) ma data da  cioè dipendente da ω’ e quindi da ν (per l’effetto Doppler)2.

E’ corretto, come hanno fatto notare alcuni autori3 applicare l’addizione delle velocità della relatività alle velocità di fase delle onde (quale quella della luce? O poi diventa, nel mezzo, velocità di gruppo?4 Ma le trasformazioni di Lorentz usate, per tali problemi sono le 8), scritte dopo, con  !) visto che, per le velocità di fase non c’è la limitazione sub-c (come per le particelle) e la loro somma, stando alla formula relativistica, potrebbe essere sub-c o iper-c?

            Perché non usare le trasformazioni di Lorentz con V al posto di c, visto che stiamo trattando la luce in un mezzo, e con ciò la formula di addizione diverrebbe:

                                              

che darebbe sempre V, anche per l’osservatore O?

            Inoltre considerando la dispersione (senza l’assorbimento) bisognerà scrivere, anzicchè  la

                                  

con    (dato dalla teoria elettromagnetica).

            Nel caso semplice di  (elettroni liberi o raggi X incidenti), la 6) diventa5:

                                  

con  costante, anche in relatività.

Utilizzando le trasformazioni di Lorentz:

 

           

 

si può verificare banalmente che la 7) non è invariante in forma per le 8). Cioè la 7) non implica . (E nemmeno con le trasformazionidi Lorentz scritte con V al posto di c; solo per a=0, cioè nel vuoto, si verifica l’invarianza in forma!).

            Ma c’è di più.

Considerando la dispersione la formula di Fresnel diventa:

                       

ed utilizzando le trasformazioni di Lorentz per ω scritte prima, nell’approssimazione γ®1, è possibile scrivere:

           

Sostituendo la 10) nella 9) e sviluppando in serie di Taylor (arrestandoci ai termini del 1° ordine) si ottiene:

 

con       .

E se definiamo la lunghezza d’onda come se fosse nel vuoto  come misurata da O, la 11) diventa:

 

con       

 

e      corrispondente a    .

La 12) è in accordo matematico con le varie formule proposte negli anni per il coefficiente ε di Fizeau da Lorentz, Laub, Cunningham, Silberstein, Zeeman, Moller, Jackson, Synge e Cook-Feran-Milonni (questi ultimi specificano l’acqua come mezzo), Hill, Bilger-Stowill, etc…6 se trascuriamo il termine  nella frazione.

Ma se anzicchè considerare n(ω) si considerasse n(λ) in modo da scrivere al posto della 9) la seguente

 

utilizzando le trasformazioni di Lorentz per (anzicchè per ), nelle stesse approssimazioni di prima, sarà possibile scrivere:

                             .

Sostituendo, come prima, la 14) nella 13) e sviluppando in serie di Taylor (con la solita troncatura) si ottiene:

 

con    

che, trascurando  nella frazione, è la formula data da McCrea7 ed è diversa dalla formula 12) riportata prima, e diversa ancora dalla formula data tra gli altri da Zernicke, Synge, Cook-Fearn-Milloni8, Bilger-Stowell9 per un corpo solido. (Nella bibliografia consultata vengono riportate ε(λ) a volte non corrette e in correzione di altre non corrette!).

            Utilizzando, dunque, le trasformazioni di Lorentz si ottengono due formule diverse per l’effetto di dispersione.

            Qualcuno tenta di conciliare le due formule, che differiscono sostanzialmente per il termine  nell’una e  nell’altra, riconsiderando la definizione di lunghezza d’onda nel vuoto e in un mezzo diverso data, a volte, in modo impreciso e ingannevole.

Ma, in ogni caso, resta da chiarire perché utilizzando le formule della relatività, oltre ai problemi prima sollevati, si perviene a due formule diverse per lo stesso fenomeno, nelle stesse condizioni.

Si potrebbe pensare di scrivere il coefficiente di Fizeau in generale, approssimativamente come:

                      

demandando agli esperimenti la scelta!

Ma, come abbiamo più volte ripetuto in questi anni a proposito degli espe­rimenti del tipo Michelson – Morley10 , questi esperimenti interferometrici risul­tano non solo di difficile realizzazione ma anche di controversa interpretazione.

Nel caso specifico, a parte i primi esperimenti di Fizeau, di Hoek (prima citati) e di Michelson (1891-1892), viene riportato dalla letteratura corrente che i più accurati, in particolare per gli effetti di dispersione, siano quelli di Zeeman (tra il 1914 e il 1927).

In questi esperimenti, però, bisogna valutare l’intensità dei diversi errori, spesso ineliminabili, presenti e la loro incidenza sul risultato finale. Errori siste­matici dovuti, per esempio, alle variazioni del flusso della velocità del liquido fatto scorrere nel tubo, e agli effetti della larghezza della banda finita della figura d’interferenza delle onde luminose. Errori casuali dovuti, tra l’altro, alle varia­zioni della sezione trasversale, alle variazioni dovute alle fluttuazioni della pres­sione ai capi del tubo, alla temperatura, alle curvature e agli angoli dei tubi, al possibile flusso turbolento (nel quale è difficile la determinazione di v!) e alla compressibilità.

Normalmente la tendenza, in questi casi, è considerare “trascurabili” tutti gli errori possibili nei modelli utilizzati e interpretare i risultati sperimentali in favore della formula più accreditata e/o più utilizzata, in questo caso quella di Lorentz e degli altri, senza, peraltro, che questi esperimenti riescano a discrimi­nare tra le due formule.

La conclusione che è possibile tirare, per questi esperimenti, la possiamo affidare alle stesse parole di conclusione del lavoro di Jan Lerche, del 1977, più volte citato: “The results of Zeeman’s experiments are inconclusive. The whole series of experiments needs to be repeated with an improvement of about an order of magnitude in accuracy to say anything at all experimentally concerning the Fresnel and Lorentz formulas. And when the experiments are repeated, detailed attention to the points raised here (together with any others that are particular to the precise experimental setup) should be paid11”.

 

 

Note

 

1          A. Einstein, Zur elekrodynamik bewegter, Annale der Physik, 17, 1905, pag 891; traduzione in italiano di P. Straneo in “Cinquantanni di  relatività” (a cura di Pantaleo), Universitaria Editrice. Firenze. 1955.    TORNA

2          cfr. R.J. Cook, H. Feran, P. W. Milonni, Am. J. Phys. 63, 705 (1995).    TORNA

3          cfr., tra gli altri, I. Lerch, Am. J. Phys. 45, 1154 (1977).    TORNA

4          cfr. P. Di Mauro: “Le trasformazioni di Lorentz e la relatività ristretta” Mondotre La Scuola Italica Dicembre 1999 (AnnoI — n. 1. Nuova serie); P. Di Mauro, S. Notarrigo: “Sul significato fisica della velocità della luce nel vuoto”, Comunicazione al LXXXII Congresso Nazionale S.I.F., Verona 1996    TORNA.

5          cfr. Feynman, Leighton, Sands: “The Feynman Lectures on Physics” Vol. I, Parte II. 31-3, 48-4. Addison –Wesley  Publishing Company, California,    TORNA

6          cfr. I, Lerche, op. cit., pag. 1154 e relativa bibliografia; R, J. Cook, H. Fearn, P. W. Milonni, op. cit., pag. 708; H. R. Bi1ger, W. H. Stowell, Phys. Rev. A 16, 313 (1977) e relativa bibliografia; E. L. Hill, “Optics and Relativity Theory”, Ed. by E. U. Condon and H. Odshaw: “Handbook of Physics” vol. I — McGraw —Hill Book Co. N.Y., 1958.    TORNA

7          W.H. McCrea, “Relativity Physics”, Methuen, London, 1952.    TORNA

8          R. J. Cook, H. Fearn, P. W. Milonni, op. cit., pag. 709    TORNA.

9          H. R. Bilger, W. H. Stowell, op. Cit., pag. 314.    TORNA

10        P. Di Mauro, S. Notarrigo, A. Pagano: “Riesame della teoria di A. Righi sull’apparato dell’esperimento di Michelson-Morley”. Quaderni di Storia della Fisica (Giornale di Fisica), 2, 1997, pp, 101 - l10, Ed. Compositori, Bologna. 1997.    TORNA

11        I. Lerche,op. cit., pag. 1163.    TORNA