Sviluppo
sostenibile tra mito e realtà
di
Angelo Pagano
Ho avuto modo di leggere un
interessante articolo di Antonio Cianciullo1, dal titolo assai significativo: “Il mondo è schiavo del petrolio 2002, è
allarme ambiente”. Rileggiamone
un breve passo. L’Autore afferma: «Si doveva ridurre l’emissione dei gas
serra e invece negli ultimi dieci anni
il carbonio sparato in aria è cresciuto del 9 per cento (gli Stati Uniti, il
principale inquinatore globale, viaggiano a velocità doppia: 18 per cento di
aumento). Si doveva cercare di rispettare la convenzione sulla biodiversità e
invece la distruzione degli habitat rischia di provocare una delle più gravi
estinzioni di massa nella storia del pianeta. Si doveva moderare lo squilibrio
tra i super ricchi e il miliardo di disperati costretti a disboscare per
sopravvivere e invece negli anni Novanta i finanziamenti per lo sviluppo sono
scesi da 69 a 53 miliardi di dollari. Lo State of the
World 2002 (il rapporto annuale del Worldwatch Institute che le Edizioni Ambiente
pubblicheranno in Italia a metà marzo) ruota attorno al bilancio di un decennio
che doveva essere decisivo per il recupero ambientale del pianeta ma che ha
chiuso i conti in rosso. L’analisi è basata su una serie impressionante di dati
negativi, ma non chiude le porte alla speranza». Condivido la seria
impostazione dell’articolo e l’analisi ivi contenuta. Non posso condividere la
nota di ottimismo dell’autore verso un futuro migliore, seppur espressa con
molta cautela alla fine dell’articolo. Un futuro migliore rispetto a quanto è
prevedibile oggi a me appare altamente improbabile e ne spiego le ragioni.
Nel 1958 veniva pubblicato
dall’economista americano J.K. Galbraith un libro divenuto famosissimo dal
titolo “The Affluent Society “ (La società dell’opulenza), uno dei testi di
riferimento di quella linea di pensiero che possiamo indicare, molto utilmente,
con il termine di “ecologista”. Galbraith, dopo aver analizzato in dettaglio i
limiti e i rischi di una crescita economica puramente quantitativa del sistema
economico, dedicava un intero capitolo di critica verso quegli economisti, suoi
colleghi, e verso quegli uomini politici che individuavano lo sviluppo
“socio-economico” della società americana (ed in genere di una società
industrializzata) con la crescita del prodotto interno lordo (PIL). Riconosciamo
oggi che, a distanza di circa 40 anni, la presunzione dei teorici dello sviluppo
economico quantitativo non si è affievolita2. Anzi, nel mito della “globalizzazione” questa
presunzione sembra ritrovare vigore e nuova sorgente di propaganda. Malgrado
infatti, si siano registrate molte ed autorevoli voci di dissenso che con il
Galbraith abbiano criticato il sistema dello sfruttamento indiscriminato delle
risorse3, in buona sostanza,
sia ad Est che ad Ovest poco è cambiato nelle pratiche della politica e nelle
direttive dell’economica, le quali, entrambe, rimangono dominate dal paradigma
della corsa al profitto sia quando questo profitto vada a beneficio di
multinazionali o ad incrementare la potenza dello stato o ad entrambe le
situazioni. Purtroppo, a partire dal crollo della Unione Sovietica, la
propaganda consumistica ha ulteriormente alimentato gli aspetti mitologici
della teoria economica delle PULCI che oggi viene professata dogmaticamente a
tutti i livelli dell’organizzazione politica e sociale4.
Paradossalmente, malgrado il
sistema della propaganda delle PULCI, lasci sempre intendere il contrario,
nell’ultimi cento anni, le capacità di sopravvivenza del genere umano si sono
notevolmente ridotte e chi scrive è convinto che l’umanità (e forse l’intera
vita sul pianeta) oggi si trovi al confine con il baratro. Vediamo per sommi
capi il perché di un pensiero così drastico.
Il processo economico, visto
dal punto di vista della cibernetica, si presenta a noi come una macchina che
trasforma certi e ben determinati input in certi e ben determinati output5. Il processo di trasformazione
delle risorse naturali è intimamente connesso con il grado di sviluppo della
macchina stessa e al livello di sfruttamento delle risorse materiali
disponibili (incluse le risorse umane, che fanno parte integrante delle risorse
materiali!). In un precedente articolo ho illustrato i fondamenti teorici su
cui si fonda lo studio dell’economia in relazione all’ambiente6. Riassumo brevemente quel punto di vista e
quell’analisi.
Ogni processo economico nasce
dalla necessità di produrre beni che devono soddisfare bisogni. I bisogni
possono essere di pura necessità biologica (come il mangiare per vivere) o
culturale (come lo studiare per apprendere) o anche di lusso (come il truccarsi
per farsi belli). Nelle piccole comunità agricole che si formarono dieci o
quindicimila anni fa la macchina economica funzionava all’interno di una
cerchia ristretta di individui e da questa ristretta cerchia di individui
traeva alimento per lo sviluppo. La forza lavoro disponibile era estremamente
limitata e, per conseguenza, la quantità di beni prodotti in un ciclo economico
(per esempio in un anno solare) eccedeva di poco la quantità di beni impiegata
per produrre quel prodotto stesso. Lo sviluppo della comunità, misurabile in
termini di quantità di beni e, più a lungo termine, in aumento degli individui
che dovevano godere di quei beni, procedeva con estrema lentezza. Ovviamente in
queste condizioni troviamo il baratto come forma prevalente di scambio delle
merci. Ma, inevitabilmente, in condizioni di eccedenza di prodotto (rispetto
alla mera sussistenza) si creano le condizioni per il mantenimento di gruppi di
individui dedicati alla innovazione tecnologica, alla scienza, o anche
semplicemente all’ozio. È un fatto degno di nota che, sotto ben
determinate condizioni materiali (necessarie) si creano i presupposti per la
prevalenza di un sistema di riproduzione economica allargata. Dopo ogni ciclo
produttivo il sistema si ritrova con un sovrappiù”. La determinazione (cosciente)
di cosa fare con le eccedenze è un fatto che riguarda la politica e la
struttura sociale prevalente. Dall’analisi economica, risulta che se
l’eccedenza viene sottratta per intero alla “macchina economica , ovvero se
l’eccedenza non viene reinvestita, non si può avere espansione e il sistema
acquista forme sociali peculiari di questo stato di cose. Un sistema sociale
basato sullo sfruttamento degli schiavi, con la conseguente comparsa delle
classi sociali parassite, è un esempio di tale stato di cose (ma, non l’unico).
Se invece, si decide di dedicare una frazione del “sovrappiù” per alimentare
gli “input” della macchina economica si creano le condizioni per un’espansione
quantitativa degli “output”. Si può decidere di accelerare al massimo il processo
espansivo massimizzando la quota parte da riversare negli investimenti produttivi
e quindi sfruttare al massimo livello le risorse umane disponibili. In questo
caso il sistema degli output aumenta rapidamente e globalmente. Un tratto caratteristico
di questi sistemi economici è la conseguente impressionante forma di
sfruttamento del lavoro e delle risorse naturali. Esistono, certamente, delle
differenze tra i diversi modi di concepire e organizzare lo sfruttamento del
lavoro e della natura nei diversi sistemi politici. Ma, dal punto di vista del
funzionamento della macchina economica, cioè dal punto di vista termodinamico,
tali differenze sono del tutto irrilevanti. Eppure, per anni, le varie
propagande di regime sia ad est che ad ovest hanno messo l’accento su
differenze che sono di rilievo, e lo sono ancora, solo in apparenza. E si sono
sfiorate per ciò guerre nucleari. L’inquinamento prodotto ad est ed ad ovest
dall’uso spropositato di enormi complessi industriali non ha avuto colore
politico; è stato semplicemente inquinamento. L’abbassamento progressivo
continuo ed inesorabile della fertilità della terra non ha conosciuto diversità
nei vari sistemi apparentemente tanto diversi; è stata semplicemente e
concretamente la fine della fertilità del suolo.
La stessa analisi ci mette in
guardia da un mito assai difficile da sradicare. È diffusa l’opinione
che la stabilità di un sistema economico e i fattori di crescita siano
facilmente governabili attraverso misure di carattere monetario. Ma, dopo Marx,
e più recentemente dopo le ricerche di Sraffa, sappiamo che la circolazione del
denaro e, di conseguenza, il potere del denaro quale veicolo di indirizzo degli
sforzi produttivi, imprenditoriali e in generale quale condizione per
investimenti e profitti, è molto limitato (l’evoluzione catastrofica dei paesi
del Sud America è una prova concreta). La circolazione del denaro è solo una
parte del complesso circuito economico-ambientale. Anzi, a lungo andare il circuito
del denaro diventa la parte meno prevalente. Il mito del miracolo monetario ha
oggi raggiunto la sua massima apoteosi nel mito parallelo della
“globalizzazione” su cui tutti dicono e anche stradicono.
In condizioni ideali, cioè in presenza del massimo possibile di informazioni sul sistema (sistema terra in relazione all’uomo e ai suoi bisogni) l’esercizio dell’economia rappresenterebbe un esempio concreto di quello che i matematici oggi chiamano teoria dei giochi, come suggerita dal grande fisico e matematico J. Von Neumann. Ma, la teoria completa dell’economia non è stata ancora elaborata (e nemmeno quella dei giochi) e pertanto l’esercizio dell’economia richiede perizia, intuito e intelligenza a livelli infinitamente più grandi di quelli richiesti per il gioco degli scacchi. Il problema è che chi gestisce in pratica l’economia non “gioca” fosse anche solo tentativamente o approssimativamente, secondo il metodo concreto suggerito dal Von Neumann nella sua teoria dei giochi. Chi controlla l’economia non “gioca” facendo sempre la “miglior mossa possibile”; o nell’ ipotesi estrema (ma possibile) che la natura possa fare la sua “peggior mossa “ (catastrofi naturali); o ancora, nell’ipotesi estrema (ma possibile) che degli uomini possano avere i comportamenti più indegni possibili (nazismo), e così via, finché si possa pervenire al più razionale uso delle risorse compatibile con i vincoli naturali. Essere capaci di fare economia al modo del Von Neumann equivale a fare scelte razionali. Ma, e in ciò consiste il mio pessimismo, un tale stato di cose è lontano dall’esistere e, ciò che è peggio, si opera coscientemente nel modo meno razionale. Per esempio, governi costretti dalla morsa dell’usura imposta dalle multinazionali autorizzano la distruzione sistematica del sistema biologico conservato dalle grandi foreste pluviali (oggi ridotte solo ad una estensione del 5% delle terre emerse). L’ ambiziosa ipotesi “stalinista”, che cioè si potesse pianificare l’economia di un paese vasto e fortemente popolato secondo programmi “centralizzati” certi e onnicomprensivi, si è esaurita lasciando sul campo gli scheletri di un mito ammaliante che è risultato fatale ad un paese dalle possenti aspirazioni quale era l’URSS. Ma, la stessa ambizione, sotto le spoglie visibili “della globalizzazione”, che ha bisogno della “programmazione assoluta” su scala planetaria, è oggi alla base dei moderni strateghi delle economie globali. Non pare che la “lezione sovietica” sia servita a chiarire le idee confuse degli economisti fautori della teoria delle PULCI. Anzi, la lezione sovietica viene usata a fini propagandistici da diversi politologi come esempio concreto del crollo del “comunismo” anziché essere utilizzata, più propriamente, come indizio del crollo del “consumismo”.
Ma
torniamo ad esaminare il sistema economico come trasformatore di input in
output. È empiricamente accertabile che, indipendentemente dal fatto che gli
uomini sappiano oppure non sappiano di teoria dei giochi, il sistema economico
concreto riesce, malgrado la sua intrinseca complessità, e sotto ben determinate
condizioni, ad imboccare la strada dell’espansione economica della produzione.
Inoltre, in condizioni di sufficiente investimento il sistema economico si
espande con legge esponenziale. Si osserva, cioè, un periodo sufficientemente
lungo nel quale la produzione di beni (ed il relativo consumo di energia)
raddoppia ad intervalli regolari di tempo. Marx spiegava questa efficienza produttiva
del sistema economico invocando il potere di “auto correzione” intrinsecamente
presente nelle “leggi coercitive della concorrenza”. La spiegazione di Marx è
del tutto simile al meccanismo di auto correzione dei sistemi cibernetici
retroattivi (o a feedback): «un errore di funzionamento è reintrodotto nel
sistema e contribuisce a determinare il suo funzionamento futuro. In questo
modo le oscillazioni nel funzionamento vengono corrette dall’inizio, senza
aspettare che assumono grandi proporzioni»7.
In condizione di auto correzione, si osserva di fatto una crescita esponenziale
dei consumi. L’intervallo di tempo nel quale si registra il raddoppio dei
consumi dipende dalla capacità di sfruttamento delle risorse disponibili.
Globalmente, dal 1900 circa sino agli anni ‘80 si è registrato un raddoppio dei
consumi in media ogni dieci anni (tra il 1950 ed il 1970 si ha avuto il massimo
di incremento percentuale annuo medio, intorno al 4%/annuo). Questa crescita
esponenziale del PIL ha richiesto lo sfruttamento di enormi quantità di lavoro
umano e di energia libera. Di conseguenza, anche il ritmo di crescita della
popolazione mondiale è aumentato in modo impressionante. Gli stolti pensano
che gli incrementi di popolazione nei paesi poveri siano dovuti all’assenza in
quei paesi di “idonei strumenti di distrazione” che spingono le popolazioni a
frenetiche attività sessuali. Una tale spiegazione è tanto infantile quanto
funzionale al mito del consumismo. L’attività sessuale è il presupposto
materiale di ogni procreazione (almeno sino ad oggi). Ovuli e spermatozoi sono
solo il veicolo che permette alla razza umana di riprodursi. Lo sviluppo
successivo dell’individuo uomo è sviluppo sociale. Pertanto, l’enorme crescita
demografica dei paesi poveri rispetto ai paesi ricchi è conseguente ad uno
sfruttamento massiccio del lavoro in quei paesi, perpetrato prima, sotto la
forma del colonialismo e poi sotto quella del capitalismo industriale. Da quei
paesi poveri la forza vitale del lavoro viene trasferita ai paesi ricchi sotto
le spoglie materiale delle merci e viene completamente dilapidata in futilità.
Marx parlerebbe di trasferimento di lavoro produttivo (prevalentemente oggi
concentrato nel Sud del mondo) in lavoro improduttivo operato dal sistema
capitalistico per aumentare a dismisura l’efficienza monetaria del sistema a
scapito della vera efficienza produttiva. I dati sull’efficienza produttiva
sono allarmanti. Per la prima volta nella storia dell’umanità la produttività
del suolo e del mare ha raggiunto la soglia della catastrofe. In media si
ottiene, in termini energetici, leggermente in più di quanto si impiega per la
produzione mentre solo 100 anni fa il rapporto tra energia ottenibile ed
energia impiegata stava nel rapporto di 1 a 13. L’estrazione del pescato dal
mare richiede una quantità di energia anche superiore nel rapporto di resa. E le
scorte alimentari, necessarie in caso di crisi, sono quasi del tutto assenti
in rapporto alla popolazione mondiale.
Probabilmente, in altre epoche
storiche, ed in regioni più limitate del globo, si sono registrati ritmi di
crescita dei consumi altrettanto impressionanti. Ma ciò che caratterizza i
tempi moderni è la “globalizzazione” del fenomeno anche se i consumi in senso
stretto sono fortemente asimmetrici e malamente distribuiti nei diversi paesi
in corsa”. Questo squilibrio nei consumi, caratteristico di un mondo di
“produzione capitalistico “, è causa di gravi disagi e forti contestazioni sia
in occidente che in oriente. Globalmente la popolazione mondiale in un secolo
si è accresciuta per un fattore moltiplicativo pari a 6 (da un miliardo si è
passati agli attuali sei miliardi di individui) e i consumi si sono
moltiplicati di un fattore medio superiore a 10. Ma, una macchina cibernetica,
è in grado di autoregolarsi in qualunque circostanza? La risposta è negativa,
come del resto l’esperienza più comune insegna. Infatti, «I meccanismi di
retroazione in genere aumentano l’uniformità di funzionamento di un sistema al
variare del carico cui è sottoposto. Strettamente parlando questo richiede una
qualificazione molto stretta. Se il carico fosse eccessivo e fosse eccessiva
anche la retroazione richiesta dal carico, il meccanismo di retroazione
squilibrerebbe il sistema invece di stabilizzarlo. Un tale sistema
provocherebbe una serie di oscillazioni sempre più disordinate, fino alla
rottura, o nella migliore delle ipotesi le leggi fondamentali del
funzionamento cambierebbero»8.
È inutile che io qui ricordi ai lettori l’enorme e competente letteratura oggi in
nostro possesso che indica con chiarezza come il sistema economico-ambientale
sia entrato già da almeno due decenni nella fase “critica” non più auto
correttiva a causa dell’enorme carico a cui è sottoposto. Questi studi nascono
tutti dall’osservazione empirica che, a livello globale, si registra un
graduale e ben documentabile degrado ambientale che investe tutte le forme di
vita note sul pianeta e tutti gli equilibri termodinamici stabiliti sul
pianeta.
Osservando la vita sul pianeta
e l’evoluzione dei fenomeni a cui la vita è strettamente legata ci accorgiamo
che l’origine della vita stessa risiede nella capacità di utilizzare la fonte
di energia che ci proviene dal sole. Il sole tiene in orbita il pianeta, lo
illumina, ne muove le masse di aria, consente le differenze di temperatura tra
equatore e poli e nutre le piante. Dalle piante hanno inizio i processi
trofici che alimentano i cicli vitali di tutti gli esseri conosciuti. Il flusso
di energia solare annuo è di circa 54·1023
Joule. Di questa energia circa la millesima parte viene impiegata per
rifornire i cicli trofici e viene accumulata in bio-massa dalla fotosintesi.
Tenendo conto del fatto che i consumi energetici annuali hanno raggiunto valori
dell’ordine di 5·1020 Joule, vediamo che i consumi energetici rappresentano
più del 10% della energia libera accumulata in bio-massa. Quantità di consumo
assolutamente troppo alta per l’ecosistema. Gli effetti di tale grave
situazione sono facilmente prevedibili. In primo luogo si deve aspettare uno
squilibrio termico globale con aumento sensibile della temperatura media sulla
terra che, secondo nostre stime indicative, deve essere aumentata negli ultimi
50 anni di circa ¼ di grado centigrado. La conseguenza immediata di ciò è
registrabile nella fusione continua e senza ritorno (se le cose non cambiano)
dei grandi ghiacciai la cui esistenza è fondamentale per il circuito dei
grandi spostamenti di masse di aria e di acqua. Ma, la cosa ben più grave
avviene a livello biologico, il più sensibile “termometro” dello stato di
salute del pianeta. Infatti, la condizione necessaria per lo sviluppo della
vita , nella forma peculiare nella quale si è sviluppata nella terra (e noi
crediamo di qualunque altra forma di vita possibile ed immaginabile) è che
l’interazione tra il sole e la terra sia essenzialmente di carattere “nega —
antropico”. Ciò significa che deve esistere un meccanismo chimico, in una
parola, una trasformazione, che riesca a catturare dallo spettro solare
(ultravioletto) una parte dell’energia che deve essere accumulata per
permettere tutte le correzioni retroattive che stanno alla base sia dei
processi biologici che dei processi economici. Questo grosso accumulatore di
“energia utile per le trasformazioni” coincide sostanzialmente con il patrimonio
forestale e boschivo di cui dispone (o disponeva) il pianeta terra e le riserve
fossili accumulate nel passato. Per i cultori della storia diciamo che, a ben
guardare, non esiste sistema economico o sociale, a cominciare dai grandi
sistemi dell’antichità (sia nel vecchio che nel nuovo continente) per finire
nel sistema sovietico, di cui si sia registrata la fine senza che prima i
segni di questa fine non fossero già evidenti sotto la forma di “catastrofe
ambientale”. L’ammonimento che viene dallo studio dei fenomeni è chiaro e sotto
altra luce possiamo oggi rileggere l’antico divieto “non mangerai dell’albero
del bene e del male” o, in chiave più moderna, “ricordati di non distruggere
il patrimonio bio vegetale che è la tua unica salvezza”. Mi piace qui ricordare
quanto affermato da Salvatore Notarrigo nel libro già citato in nota 4: «Ma
come vincere l’insormontabile ostacolo degli attuali interessi costituiti,
capaci anche di scatenare una guerra nucleare? Qui la ricetta non ce l’ha
nessuno. Forse la necessità! Assistiamo a fenomeni positivi come la crescita in
Europa, anche se con profonde contraddizioni interne, di un vasto movimento che
si pone i problemi della salvaguardia dell’ambiente e del disarmo generale, che
certamente sono il segno di una crescita spontanea di una più matura coscienza
delle problematiche più importanti di oggi. Ma nello stesso tempo assistiamo
alle profonde contraddizioni della tradizionale sinistra europea:
disoccupazione o sviluppo anche distorto?; opposizione o governo: (per che
fare?); alleanza atlantica con missili a testate nucleari in ogni punto del
globo o superamento dei blocchi?, e così via discorrendo……A sentir taluni,
sembra che stiamo navigando dentro questa fantomatica società
post-industriale; ma io non vedo altro che le orme del vecchio mostro cresciuto
a dismisura e non vedo apparire all’orizzonte nessun animale grazioso e
benigno che lo rimpiazzi. Anzi il mostro fuggente è unito da una grossa e
solida fune al resto del mondo e sembra trascinano dietro verso il baratro...»
In conclusione, la inefficiente
legge del profitto che regna sovrana nella gestione della vita economica delle
nazioni è cieca e sorda. Il detto “così ha da essere” di aristotelica memoria è
sempre lo stesso: aumentare il PIL. Ci chiediamo, potrà mai l’umanità di oggi
uscire dal paradigma delle PULCI?, non sembra che i governi attuali (sia ad est
che ad ovest) siano nelle condizioni di poter aiutar le genti a far ciò, non
resta che affidarci ai miracoli; ma, peccato che questi non siano altro che dei
miti! Il monito inascoltato rimane sempre lo stesso: « Per rispettare il
futuro, dobbiamo essere consapevoli del passato; e se le regioni dove questa
consapevolezza del passato è reale si sono ristrette a una capocchia di spillo
sulla carta geografica, allora peggio per noi e per i nostri figli, e per i
figli dei nostri figli.»9
____________________
1 Antonio
Cianciullo, articolo sul quotidiano “La Repubblica”, il Gennaio 2002, pag.
27 TORNA
2 Nella
terza edizione del libro, Galbraith omette per intero il capitolo dedicato
interamente a questa critica, pur ovviamente non abbandonando il punto di vista
generale dell’opera che era e rimane una critica severa del sistema economico
dominante. Galbraith motiva la scelta di aver omesso il capitolo con la
necessità di non infierire nella critica di molti degli economisti americani
del momento, che a suo avviso sembravano aver capito la lezione. Galbraith
ritenne che la sua critica fosse stata nella sostanza recepita da quegli
economisti che egli intese mettendo alla berlina. Il grande economista si
sbaglia. L’assurda pretesa dei sostenitori del PIL come criterio di crescita
non è affatto diminuita. Su questo argomento si veda: J.K. Galbraith e Nicole
Salinger: Sapere tutto o quasi sull’economia- Mondatori Editore, 1979 TORNA
3 Per tutti citerò l’autore più immediatamente noto al grosso
pubblico: l’economista americano J.Rifkin.
TORNA
4 Il termine “teoria delle PULCI= Progresso Universale Lineare
Continuo Illimitato” è stato introdotto dal Prof. Salvatore Notarrigo, illustre
scienziato dell’Università di Catania che ha fatto una critica decisiva del mito
dello sviluppo. Notarrigo è deceduto nel 1998. (si veda Energia ed Ambiente, di
Giuseppe Amata e Salvatore Notarrigo, CUECM —CATANIA-1987) TORNA
5 Vedasi l’opuscoletto, ancora molto attuale, Introduzione alla Cibernetica, Norbert
Wiener, Ed. Einaudi, 1950 TORNA
6 A.Pagano, Elementi di
Economia: un’impostazione più vicina alla scienza fisica secondo le idee di Von
Neumann, Sraffa e Notarrigo, La scuola Italica, Anno I - num.1 Dicembre 1999,
nuova serie, pag.47 TORNA
7 Norbert Wiener, Dio &
Golem S.P.A. Boninghieri, 1967, pag.128
TORNA
8 Norbert Wiener, 1967, op.cit.,pag.128 TORNA
9
Norbert Wiener, 1997, op.cit pag. 134 TORNA