CONSIDERAZIONI INTORNO ALLA

CATENA LINEARE VIBRANTE

 

Giuseppe Garozzo

 

 

1-Introduzione

Date le difficoltà matematiche in cui ci si imbatte quando si tenta di risolvere un problema dinamico in presenza di più di due corpi, si è soliti formulare modelli di sistemi ad N particelle con delle peculiarità tali da rendere fattibile la loro risoluzione analitica. Uno di questi modelli è fornito dalla catena lineare tridimensionale costituita da N punti ed N+1 molle. In questo lavoro noi ripercorreremo le tappe della già nota risoluzione analitica in termini di equazioni di Newton e faremo delle osservazioni originali che ci condurranno sia nella meccanica quantistica che nella relatività. Ma si badi bene che tali “intromissioni” saranno eseguite senza uscire dall’ambito della meccanica classica per­tanto speriamo che siano utili per comprendere meglio il legame fra tutte queste tre teorie.

 

2 - Il modello

Considetiamo N particelle il cui raggio vettore lo indichiamo con  (i=1,2,...,N) di massa m. Secondo la meccanica classica la lagrangiana del sistema è data dalla se­guente espressione:

 

 

A questo punto introduciamo le seguenti ipotesi:

1.    l’interazione è presente solo fra due particelle contigue;

2.    esiste una configurazione di equilibrio;

3.    la prima e l’ultima particella sono vincolate e sono poste ad una distanza l.

 

Per l’ipotesi 1 e 2, il modello si riduce a quello di una catena lineare tridimensionale di N+ 1 molle ed N particelle. Supporremo di utilizzare le coordinate esposte in figura 1 e pertanto supporremo che la prima e l’ultima particella siano vincolate sull’asse x.

La lagrangiana pertanto si può scrivere in questo modo:

 

 

dove  ( xn , yn , zn ) è la coordinata della n-esima particella e k è la derivata seconda dell’energia potenziale calcolata nella configurazione d’equilibrio.

Le equazioni del moto sono pertanto [1]:

 

                                                                

 

Come si può evincere dalla referenza [1],  un tale sistema ammette per la variabile y e z la configurazione d’equilibro (0,0,.., 0), mentre per la variabile x la configurazione (a,2a,...,Na), dove a=l/(N+1).

Se ora introduciamo i seguenti scostamenti:

 

 

Le equazioni del moto assumono la seguente forma.

 

Osserviamo che tutte queste espressioni sono invarianti per trasformazioni di Galileo; quest’ultime per le equazioni 2,3 e 4 si possono scrivere in questa forma:

 

 

dove ovviamente v è la velocità del riferimento ‘apicato’ che si muove rispetto al primo con una velocità uniforme lungo l’asse x. Il fatto che esse risultino invarianti per trasfor­mazioni di Galileo è una cosa banale dal momento che esse non sono altro che le equazioni di Newton. Vorrei inoltre osservare che in questo caso concernente un siste­ma di N particelle, le equazioni che esprimono le trasformazioni di Galileo sono 3N. Per quanto concerne le equazioni 8,9 e 10 dato che le variabili che vi compaiono sono degli scostamenti, le corrispondenti trasformazioni di Galileo sono:

 

 

3 - Il passaggio al continuo

Se ora supponiamo che N sia molto grande rispetto a l e che quindi a sia trattabile come una quantità infinitesima, possiamo eseguire il passaggio al limite nelle equazioni 8, 9 e 10. Per semplicità di trattazione limitiamo per ora il passaggio al continuo solo per le oscillazioni nell’asse x (per l’estensione al caso tridimensionale basta ripetere le stesse considerazioni fatte per la componete sull’asse x); in tal caso bisogna introdurre una funzione ψ = ψ (x) che dà gli scostamenti della corda lungo l’asse x in funzione appunto della posizione sull’asse x. In tal caso è facile mostrare che la 10 diventa [2]:

 

 

Come poi sappiamo essa rappresenta l’equazione d’onda che descrive onde propagantesi con velocità c data dalla:

 

 

Si è soliti dire che la (11) non è invariate per trasfonnazioni di Galileo, ma in che senso? La (11) proviene dalla (10) quando si effettua il passaggio dal discreto al continuo, ma in questo passaggio come si devono riscrivere le trasfonnazioni di Galileo, cioé le (11)?

Storicamente si è detto [3] che la (11) non è invariante per la seguente trasformazione di Galileo:

 

 

Il che è vero, ma la (12) è la corretta trasformazione di Galileo?

Ovviamente la (11) è la corretta trasformazione di Galileo applicata ad una particella; qui abbiamo N particelle che, peraltro, sono, in questa approssimazione, distribuite con continuità. A questo punto possiamo rovesciare il problema, ponendoci il problema matematico di trovare una relazione fra x’,  x e t in modo che l’equazione delle onde abbia la stessa forma anche in un altro riferimento. In questo caso la trasformazione cercata è quella di Voigt-Lorentz:

 

 

dove

 

 

Osserviamo come per c molto maggiore di v le (14) si riducono alle (13) (ovviamente nel caso in cui x non tenda ad infmito!).

Da un punto di vista formale il passaggio al limite fra il discreto ed il continuo implica il passaggio da una equazione del moto in forma differenziale ad una equazione alle deri­vate parziali. Questa osservazione è in accordo col fatto che per c molto grande la derivata parziale rispetto alla t può essere trascurata e l’equazione 11 può essere inter­pretata come una equazione differenziale.

 

4—Primi commenti

Soffermiamoci brevemente sulla 12. Dato che ka2 è l’energia di legame nella configura­zione d’equilibrio per la generica particella, possiamo scrivere la seguente equazione:

 

E=mc2                                     (15)

 

che ci fornisce l’energia di legame in funzione della velocità di fase dell’oscillazione. La (15) è la ben nota equazione relativistica di equivalenza fra massa ed energia. In questo caso è stata ricavata da un modello classico senza grossi sforzi.

Per quanto concerne poi la soluzione della 11 essa è data da una combinazione lineare di funzioni del tipo:

 

exp i(k x - ωt)    e    exp i(k x + ωt)

 

esse descrivono rispettivamente perturbazioni che si propagano sull’asse x da sinistra a destra e viceversa. La quantità k è l’inverso della lunghezza d’onda moltiplicata per mentre ω è la frequenza sempre moltiplicata per 2 π.

Sostituendole nell’equazione delle onde si ricava: ω 2=(kc)2  ovvero ω =± k c dove c rappresenta la velocità di propagazione della perturbazione.

Adesso vorrei sintetizzare i punti per me più salienti fin qui ottenuti. Ebbene, una volta effettuato il passaggio dal discreto al continuo abbiamo dimostrato che:

 

-    non siamo più interessati alla dinamica dei singoli costituenti della catena, bensì alla propagazione della perturbazione che nel nostro caso si manifesta come una cresta sull’asse z e che si propaga sull’asse x;

-    questa perturbazionè è descritta da tre parametri: la velocità di fase c (che in questo caso ci fornisce la velocità di propagazione dell’onda), il vettore d’onda k (che in pratica descrive la lunghezza d’onda» e  la pulsazione ω (in pratica la frequenza);

-     l’equazione d’onda stabilisce che ci sono due onde una propagantesi con velo­cità c e l’altra con velocità  -c;

-     la relazione fra questi tre parametri è: ω 2 - (kc)2 = 0;

-     la velocità di propagazione c è legata all’energia di legame nella posizione di

equilibrio di una arbitraria particella di massa m dalla: E = mc2 .

 

Il fatto che ci sono due tipi di onde, una che si muove nel verso positivo, l’altra nel verso negativo è in relazione con un problema più ampio noto come problema del potenziale antici­pato e ritardato. In questa sede mi limiterò solo ad osservare quanto questo problema sia legato al carattere prettamente ncwtoniano della forza. Infatti in meccanica classica l’interazione fra due o più particelle dipende solo dalla distanza e pertanto essa prende luogo istantaneamente; invece la perturbazione dovuta a un cambio di posizione di una particella può in generale avere una velocità finita Mi spiego meglio. In questo modello se io ad esempio perturbo la prima particella della catena genero due onde. Una si propaga verso gli altri elementi della catena, l’altra invece parte dall’estremo della ca­tena e si propaga verso la particella perturbata. Quest’ultima di solito si dice che non ha significato fisico; invece rappresenta la perturbazione dovuta al contorno della catena in accordo col principio di azione e reazione. Non voglio dilungarmi più su questo punto assai interessante, ma mi limito solo ad osservare che quando si ha a che fare con una equazione d’onda le soluzioni sono sempre di due tipi: un’onda propagantesi in avanti ed una propagantesi all’indietro.

 

5—Catena lineare soggetta a perturbazioni adiabatiche

Ritorniamo adesso alla catena nel caso discreto e supponiamo adesso che la nostra catena sia soggetta ad un potenziale perturbativo variabile nel tempo la cui intensità sia molto debole e la cui variazione avviene in tempi lunghissimi se paragonati con le fre­quenza della catena (perturbazione adiabatica).

Come si può dimostrare in questo caso la catena di oscillatori accoppiati è equivalente ad un sistema di oscillatori non accoppiati di massa unitaria e con una data pulsazione ùi. Si osservi come nel caso discreto si hanno solo N frequenze mentre nel caso con­tinuo esse sono infinite.

Quindi

-nel passaggio dal discreto al continuo si perde la discretizzazione delle frequenze.

 

Se adesso ci chiediamo non quale sia l’energia meccanica del singolo oscillatore della catena, ma l’energia che esso è capace di cedere all’ambiente esterno per via di un potenziale perturbativo adiabatico, allora la risposta, grazie alla teoria degli invarianti adiabatici [3], è

 

E=hù                      (16)

 

dove h è una costante di proporzionalità avente dimensioni opportune.

Cioè:

 

-     l’energia che la catena può cedere all’ambiente esterno è sempre proporziona­le alla frequenza di un suo modo di vibrazione.

 

Gli sconfinamenti nella meccanica quantistica non sono terminati. Infatti in questo mo­dello possiamo sempre associare una quantità di moto p ad una particella arbitraria della catena quando essa viene posta in movimento dall’onda.

Infatti possiamo porre:

 

p=mc

 

Se adesso identifichiamo le energie date dalla 14 e dalla 16 abbiamo

 

p = E/c

 

quindi

 

p = hù/c

 

ed in defmitiva si perviene alla relazione di De Broglie

 

p = hk

 

 

 

dove k ricordiamo è il vettore d’onda. Vorrei infine sottolineare come l’espressione E=mc2 può essere intesa non solo come energia di legame. Infatti visto che possiamo associare un’onda ai punti materiali della catena, possiamo sempre dire che ad ogni istante esisterà un punto materiale che si muove con velocità c. E dato che per un potenziale armonico l’energia cinetica media è eguale all’energia potenziale media, a questo elemento possiamo sempre associare un’energia pari a due volte quella cineti­ca, ovvero mc2.

 

6— Discussioni

Quanto sin qui esposto dimostra come sia possibile costruire un modello “meccanico” per mezzo del quale possiamo disanimare alcuni risultati della fisica moderna. Ma l’uso di un modello così semplice ci permette di chiarire alcuni punti che attualmente sono assai oscuri, quale ad esempio il problema dell’invarianza delle equazioni del moto. Da un punto di vista fondamentale, la presunta discrasia esistente fra le leggi della dinamica (equazione di Newton) e le leggi dell’elettromagnetismo (equazione alla derivate par­ziali di Maxwell) è stata foriera di tutta una serie di innovazioni quali ad esempio l’av-vento della teoria della Relatività. Tuttavia visto il naufragio della fisica moderna (mi riferisco alla teoria delle particelle) secondo me è necessario rivedere quelle che ven­gono ritenute conquiste solide soprattutto mettendole alla prova nell’interpretare mo­delli semplici come quello di una catena lineare. Infatti in questa maniera si scopre come il problema dell’invarianza non sia così scontato come forse si potrebbe credere a prima vista. Si scopre come la natura ondulatoria della materia non necessariamente ci deve indurre a porci domande assurde sulla dualità della materia. In sintesi forse sco­priamo che le soluzioni che in questo secolo la fisica teorica ha portato per superare delle difficoltà, forse, non hanno fatto altro che mascherare queste difficoltà introdu­cendo tutta una serie di elementi metafisici privi di riscontro diretto come ad esempio la contrazione della lunghezza e la dilatazione del tempo. Ovviamente ogni teoria ha biso­gno di elementi metafisici da cui partire, l’importante è che questi siano controllabili mediante l’uso di modelli elementari. Soluzioni che sembrano momentaneamente risol­vere qualche problema ma che rendono oscure le idee, alla fine non faranno altro che generare confusione. Ebbene in questo clima di confusione è necessario rivedere le nostre conoscenze partendo da cose semplici e, soprattutto, riaprendo problemi che sono stati ritenuti ormai risolti.

 

 

Bibliografia

 

[1] Problemi di Meccanica Razionale, Bampi-Benati-Morro, Ed. ECIG

[2] Meccanica Razionale, B.Finzi, Ed. Zanicheli

[3] Meccanica, Landau-Lifsits, Ed. Editori Riuniti