Pre-print a cura dell’autore. Originale pubblicato su:

Atti del XIX Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia

a cura di P. Tucci, pp. 179 – 184,

CNR, Università degli Studi di Milano (Istituto di Fisica Generale Appl. – sez. Storia della Fisica)

Milano,  aprile 2000

 

 

LA FORMULA DI DIFFUSIONE COMPTON

CON LA MECCANICA NEWTONIANA

 

Pietro Di Mauro1

 

 

Una delle affermazioni fatte più frequentemente sulla relatività cosiddetta ristretta è che da questa si può ottenere, come caso limite, la meccanica classica ritenuta, quindi, caso “particolare” di una nuova e più generale teoria.

In questo caso limite la trasformazione di Lorentz, fondamento matematico di tutta la relatività, si ridurrebbe a quella cosiddetta galileiana.

Lo stesso Einstein afferma: “La trasformazione di Galileo può venir ricavata dalla trasformazione di Lorentz ponendo in quest’ultima un valore infinitamente grande in luogo della velocità c della luce”.2

E Born, solo per citare un altro dei tanti, dice: “E’ particolarmente interessante il caso in cui la velocità relativa v dei due sistemi sia molto piccola rispetto a quella della luce : le trasformazioni di Lorentz si riducono a quelle di Galileo. Se infatti si può trascurare v/c rispetto all’unità... Poiché nella maggior parte dei casi reali il rapporto v/c è piccolo rispetto all’unità, siamo ora in grado di comprendere come mai la meccanica di Newton e di Galilei abbia potuto soddisfare per molti secoli tutte le esigenze della fisica”.3

 

Alcuni autori4 hanno fatto notare che questa affermazione non è vera. Infatti la componente temporale della trasformazione di Lorentz, come usualmente viene scritta, considerando v solo lungo la direzione x,

 

(1)            con   

 

per γ®1 si riduce a

 

 

 (2)      

 

e quest’ultima, per x sufficientemente grande (si pensi, per esempio, alla distanza terra-sole e agli esperimenti nei quali viene usata la luce del sole o la radiazione cosmica e la velocità del sistema solare) è diversa da quella pretesa dalla trasformazione di Galileo:  t′ = t .

 

Lo stesso si può dire, per esempio, tra l’altro, per la trasformazione della quantità di moto P (in maiuscolo le grandezze definite in relatività) lungo l’asse x, quello della direzione della velocità v, posseduta da un corpo di massa m in moto nel sistema in moto (quello con velocità v).

La trasformazione relativistica è

 

(3)       

 

essendo E l’energia cinetica posseduta dal corpo nel sistema in moto. Per γ®1 si riduce a:

 

(4)       

 

che per E molto grande (si pensi, per esempio, alle energie delle particelle negli acceleratori rispetto alla terra, sistema in movimento) non è quella prevista dalla meccanica newtoniana (in minuscolo le grandezze definite in meccanica newtoniana):   p′ = p - mv.

 

La richiesta, quindi, avanzata tra gli altri anche da Popper5 che «a new theory should contain the old (particular) one approximately for appropriate values of the parameters of the new (general) theory” non è soddisfatta dalla relatività rispetto alla meccanica newtoniana. Nel caso della formula di diffusione per l’effetto Compton si ha addirittura il contrario: la meccanica newtoniana fornisce una formula più generale rispetto a quella fornita dalla meccanica relativistica.6

 

Compton7 ricava la formula, per l’effetto che porta il suo nome, basandosi su:

a)      principi di conservazione della quantità di moto e dell’energia cinetica applicati a interazioni tra raggi X ed elettroni;

b)      relazione tra energia e quantità di moto (pc) per le onde elettromagnetiche;

c)      ipotesi di Planck e Einstein (senza, peraltro, citarli) dei quanti di luce (e=hν);

d)      espressioni relativistiche per energia cinetica e quantità di moto.

Con queste ipotesi ricava:

 

(5)                                           

 

avendo indicato con Λ′ la lunghezza d’onda del raggio secondario che forma un angolocon il raggio primario di lunghezza d’onda Λ , con m la massa dell’elettrone e con h la costante di Planck.

 

Senza fare l’ipotesi dei quanti (cioè la c) e mantenendo le altre si ha:

 

(6)                                           

 

avendo indicato con P e P  le quantità di moto rispettivamente del raggio primario e secondario.

Risolvendo rispetto a P  si ottiene:

 

(7)                                           

 

Se manteniamo le ipotesi a) e b) e si utilizzano (nell’ipotesi d) le espressioni per l’energia cinetica e la quantità di moto della meccanica newtoniana si resta nell’ambito di questa.

Infatti la relazione tra energia e quantità di moto (ipotesi b) si ricava, come riportato in tutti i manuali, dalle equazioni di Maxwell ed è tipica di tutte le propagazione ondose. Einstein8, per esempio usa questa relazione dell’elettromagnetismo per una deduzione della famosa formula E = mc2, senza bisogno di ricorrere alla relatività!

Notarrigo9 ha mostrato che le equazioni di Maxwell sono compatibili con una teoria newtoniana delle particelle ed inoltre si è dimostrato10 che per l’invarianza delle equazioni di Maxwell non necessariamente bisogna ricorrere solo alla trasformazione di Lorentz; le ipotesi a), b) e la nuova d) ( p = mv, e = ½ mv) fanno parte quindi della meccanica newtoniana.

 

Allora, con questa, per la diffusione Compton si ottiene:

 

(8)                                           

 

e, come si vede, questa è più generale della (6) nel senso che per piccole diffusioni » p ′ ) la (8) si riduce alla (6), quella relativistica!

Risolvendo rispetto a  p ′ dalla (8) si ha:

 

 (9)                              

 

Con l’ipotesi di Planck e Einstein (cioè la c) le formule da confrontare diventano:

 

(10)                                         

 

(11)                             

 

Quest’ultima formula è stata ricavata anche da Santarine e Stein-Barana11.

 

Senza voler entrare nel merito della precisione degli esperimenti12 e della loro elaborazione (nell’abstract dell’articolo di Compton della nota 6 a pag. 483 si legge: «The distribution of the scattered radiation is found, by an indirect and not quite rigid method, ...) notiamo che con i valori usati negli esperimenti di Compton (articoli citati nella nota precedente) è impossibile fare la distinzione tra le formule (10) e (11) per la piccolissima differenza numerica dei valori forniti dalle due formule per la lunghezza d’onda del raggio diffuso.

 

Bisogna, infine, ricordare che ricorrendo alla relatività è impossibile l’interazione tra corpi dotati di quantità di moto (e quindi di energia cinetica) quali l’elettrone e i raggi X (o fotoni come usualmente vengono chiamati) protagonisti della diffusione Compton. E’ il cosiddetto «no‑interaction theorem” dimostrato, tra gli altri, da H. Van Dam e E. P. Wigner13.

Perché la quantità di moto di un sistema di corpi (o di un corpo solo) abbia le proprietà di trasformazione di un quadrivettore sotto l’azione di una trasformazione di Lorentz, come pretenderebbe tutta la filosofia associata alla relatività ristretta, è necessario postulare (è il postulato c della dimostrazione del teorema data da Van Dam e Wigncr, pag. 839) che asintoticamente, per tempi molto grandi, le velocità dei corpi diventino costanti (le linee d’universo sono rette).

 

L’introduzione di questo postulato permette di scegliere istanti arbitrari, per due osservatori in due sistemi inerziali, in cui osservare per una particella (di un sistema di particelle) la stessa quantità di moto, costante nel tempo. La particella non può subire alcuna interazione da parte di un’altra particella (o anche di un fotone) del sistema o di tutto il sistema di particelle (cfr. art. cit. pag. 839-840). L’interazione tra corpi dotati di quantità di moto è, quindi, incompatibile con la relatività di Einstein!

 

Normalmente la via più battuta per evitare questa difficoltà è quella di ignorare il teorema!14

Qualcun altro, come Van Dam e Wigner, riprendendo una vecchia idea di Bohr, Kramers e Slater15, sceglie di rinunciare ai principi di conservazione della quantità di moto e dell’energia istante per istante (ammettendoli solo in media) pur di non rinunciare alla relatività.

La maggior parte (come riportato nei libri di testo) sceglie di accettare il dualismo campo-particella, con i non facili problemi connessi con quest’idea e col principio di causalità, credendo in questo modo di risolvere la questione.

 

Dopo queste riflessioni e quelle fatte in questi anni16 c’è da chiedersi: qual è il significato e il valore della relatività?

 

Dedico questo lavoro a Totò Notarrigo, scomparso il 18/03/1998.

 

 

NOTE

 

1 DIPARTIMENTO DI FISICA, CATANIA    TORNA

2 A. Einstein,  Relatività: esposizione divulgativa, Boringhieri 1967, p. 67.    TORNA

3 M. Born, La sintesi einsteiniana, Boringhieri 1969, p. 284.    TORNA

4 Cfr., tra gli altri, S.K. Ghosal, K. .K. Nandi, P. Chakraborty, Passage from einsteinian to galileian relativity and clocksyncrony,  Z. Naturforsch, 46a (1991), 256; P. Di Mauro, S. Notarrigo, Critiche delle usuali derivazioni delle trasformazioni di Lorentz, intervento LXXX Congresso S.I.F., Perugia, 1995.    TORNA

5 K.R.Popper, Objective knowledge, Oxford (1972), p.202.    TORNA

6 Cfr. Jenner Barretto Bastos Filho, Correspondence and Cornmensurability in Modem Physics (a Study of the Compton Effect), in Open Questions in Relativistic Physics, Edited by Franco Selleri (Apeiron, Montreal, 1998).    TORNA

7 A.H.Compton, Phys. Rew. 21,483 (1923).    TORNA

8 A. Einstein, Una deduzione elementare dell’uguaglianza di massa ed energia in Pensieri degli anni difficili, Boringhieri, 1965, p.165.    TORNA

9 S. Notarrigo, Applicazioni fisiche del calcolo geometrico di Peano in Atti del XIII Congresso Nazionale di Storia della Fisica, Como 1993, a cura di A. Rossi, Conte-Lecce (1995), p.347.    TORNA

10 P. Di Mauro, S. Notarrigo, Sull’invarianza delle equazioni di Maxwell in Atti del XVI Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell Astronomia, Como 1996, a cura di P. Tucci, CNR Commissione di Studio per la Fisica e l’Astronomia, 1997, p. 355.    TORNA

11 G.A. Santarine, A.C.M. Stein-Barana, Rev. Bras. Ens. Fis. 19, n 1 (1997), p. 64    TORNA

12 Cfr., tra gli altri, W.R. French, Jr, Am. J. Phys., 33,523 (1965); A.H. Compton, Am. J. Phys., 29, 817 (1961); A.H. Compton, A.W. Simon, Phys. Rew., 26, 300 (1925); A.A. Bartlett, Am. J. Phys., 32, 120 (1964); A. H. Compton, Phys. Rew., 22, 409 (1923) e relative bibliografie.    TORNA

13 H. Van Dam, E.P. Wigner, Phys. Rew., 142, 838 (1966).    TORNA

14 Per esempio, per citare uno dei più recenti, nella raccolta Open Questions in Relativistic Physics citata nella nota 6 non c’è traccia del teorema!    TORNA

15 N. Bohr, H.A. Kramers, J.C. Slater, 47, 785 (1924).    TORNA

16 Cfr. articoli di Di Mauro e Notarrigo, note 3 e 9 e relative bibliografie.    TORNA